134 [DODGSON (Charles Lutwidge)] Le avventure d'Alice nel paese
delle meraviglie. Per Lewis Carroll. Tradotte dall' Inglese da T. Pietro-
còla-Rossetti. Con 42 vignette di Giovanni Tenniel. Londra, Macmillan
and Co., 1872 j
Sm. 8vo. Originai red cloth, t.e.g. IN MINT STATE. FIRST EDITIÓN in
Italian, and an issue unknown to Mr. Williams (cf. No. 24), having white end papers,
the three-line border round the front cover in blind, and the fore and lower edges
cut, but not gilt.
L [ B RAR.Y
OF THE
UNIVERSITY
Of ILLINOIS
The Flodden Heror,
Lewis Carroll
Collection
xe23
^^\ TT ^? Avventure D'Alice nel paese
by John Tenniel, ong. ci., f.g.. suner-
fine cond., 1872, £10/10/- ^ ' ^"^^^
LE AVVENTURE D'ALICE Nel Paese
Delle Meraviglie :: Per Lewis Carroll.
Tradotte dall' inglese de T. Pietrocola-
Rossetti. Con 42 Vignette de Giovanni
Tenniel. 12mo, originai orange cloth. Lon-
dra, 1872. J55 00
Urst Italian edition. Fine copy.
J
LE AWENTUEE D'ALICE
NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE.
LE AVVENTURE D'ALICE
NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE.
LEWIS CAEEOLL.
TRADOTI?; dall' INGLESE DA
T. PIETEOCÒLA-R OS SETTI
CON 42 VIGNETTE DI GIOVANNI TENNIEL.
ITonbra :
MACMILLAN AND CO.
1872.
[Proprietà leticruria dell' autore.)
LONDRA :
U. Cl.AY, KIOLI, E TAYLOR, STAMPATORI,
BREAD STREET HILL.
In su' vespri giocondi, dolcemente
Sul lago tranquillissimo voghiamo,
Da delicate mani facilmente
Son mossi i remi, e alla ventura andiamo,
E pel timon che incerto fende 1' onda
Va la barchetta errante e vagabonda.
Mentre oppresso dal sonno, in luminose
Visioni il mio pensiero vaneggiava,
Mi destaron tre voci armoniose
Chiedendomi un Racconto ! Io non osava
Fare il broncio severo ed il ribelle
A tre bocche di rose, — a tre donzelle !
La Prima, con la voce di comando,
Fieramente m' impone " Cominciate ! "
La Seconda mi dice " Io ti domando
Un racconto di silfidi e di fate."
La Terza (io non 1' avrei giammai creduto),
^r' interrompe una volta ogni minuto.
Eccole ! ferme, attente, silenziose,
Seguire con 1' accesa fantasia
La Fanciulla vagante in portentose
Regioni di sogni e poesia.
Che con bestie ed uccelli ognor favella,
E con forma del Ver Y Errore abbella.
La Storia non toccava ancora il fine
E appariva di già confusa e incolta;
Allor pregai le care fanciulline
Di finir la novella un' altra volta,
Ma risposer più vispe e più raggianti,
"No, questa è la tua volta ! Avanti, avanti !"
E così le Avventure raccontai
Ad una ad una alle fanciulle amate,
Ed or questa novella ne formai
Ch' è un tessuto di favole accozzate ; —
Ma il Sol già volge al suo tramonto, andiamo !
Alla sponda ! alla sponda, orsù, voghiamo ! —
O Alice, accogli questa mia Novella,
E fra i sogni d'infanzia la riponi,
Dell ! fanne d' essa una ghirlanda bella,
E sulla tua memoria la deponi,
Qual pellegrin che serba un arso fiore
Di suol lontano, e lo tien stretto al core ! —
INDICE.
l'AJ'- PAOR.
I. GIÙ NELLA COMGLIEUA . . .• 1
H. LO STAGNO DI LAGRIME . ' 15
III. CORSA ARRUFFATA, E RACCONTO CON LA CODA . . 29
IV. LA CASETTINA DEL CONIGLIO . . . ... . . 41
V. CONSIGLI d' un BRUCO . 58
VI. PORCO E PEPE . , 74
VII. UN TÈ DI MATTI 93
VUl. IL CROQUET DELLA REGINA 110
IX. STORIA DELLA FALSA-TE8TUGGINE 128
X. LA CONTRADDANZA DE' GAMBERI 145
XI. CHI HA RUBATO LE TORTE? 158
Xll. TESTIMONIANZA d' ALICE 172
CAPITOLO I.
GIÙ NELLA CONIGLIERA.
Alice cominciava a sentirsi mortalmente stan-
ca di sedere sul poggio, accanto a sua sorella,
senza far nulla : una o due volte aveva gittato
lo sguardo sul libro che leggeva sua sorella, ma
B
2 GIÙ NELLA
non e' erano imao^ini ne clialoo-lii, " e a che serve
un libro," pensò Alice, " senza imagini e dialoghi ?"
E andava fantasticando col suo cervello (come
meglio poteva, perchè lo stellone V avea resa son-
nacchiosa e gruUina), se il piacere di fare una
ghirlanda di margherite valesse la noja di levarsi
su, e cogliere i fiori, quand' ecco un Coniglio
bianco con gli occhi di rubino le passò da
vicino.
Davvero non e* era tropj^o da meravigliarsi di
ciò, ne Alice pensò che fosse cosa troppo strava-
gante di sentire parlare il Coniglio, il quale diceva
fra se " Oimè ! Oimèi ! ho fatto tardi ! " (quando
se lo rammentò in seguito s'accorse che avrebbe
dovuto meravigliarsene, ma allora le sembrò una
cosa assai naturale): ma quando il Coniglio trasse
un orinolo dal taschino del panciotto, e vi affisò
gli occhi, e scappò via, Alice saltò in piedi, perchè
r era venuto in mente eh' ella non avea mai ve-
duto un Coniglio col panciotto e il suo rispettivo
taschino, né con un oriuolo da starviei dentro,
e divorata dalla curiosità, traversò il campo
CONIGLIERA. 3
correndogli appresso, e giunse proprio a tempo di
vederlo slanciarsi in una spaziosa conigliera, di
sotto alla siepe.
In un altro istante, giù Alice scivolò, correndogli
appresso, senza punto riflettere come mai avrebbe
fatto per riuscirne fuori.
La buca della conigliera sfilava diritto come
una galleria di tunnel, e poi s' inabissava tanto
rapidamente che Alice non ebbe un solo istante
per considerare se avesse potuto fermarsi, poiché
si sentiva cader giù rotoloni in qualche precipizio
che rassomigliava a un pozzo profondissimo.
Una delle due, o il pozzo era arci-profondo, o
ella vi ruzzolava assai adagino, poiché ebbe
tempo, mentre cadeva, di guardare tutto intorno,
e stupiva pensando a ciò che le avverrebbe poi.
Prima di tutto aguzzò la vista e cercò di vedere
nel fondo per scoprire ciò che le accaderebbe, ma
gli era bujo affatto e non ci si vedea punto :
indi guardò alle pareti del pozzo ed osservò
eh' erano ricoperte di credenze e di scaffali da
libri ; qua e là vide mappe e quadri che pen-
* GIÙ NELLA
deano da' chiodi. Andando giìi prese di volo
un vasettino che aveva un cartello, lo lesse :
" CONSEEVA D' ARANCE," ma oimè ! era vuoto
e restò delusa : non volle lasciar cadere il vasettino
per non ammazzare chi era in fondo, e andando
sempre giù lo depose in un' altra credenza.
"Bene," pensò Alice, "dopo una caduta tale,
mi parrà proprio un niente il ruzzolare per le
scale 1 A casa poi, come mi crederanno co-
raggiosa ! D' ora innanzi, ancorché cadessi dal
tetto, non ne farei caso ! " (E probabilmente dicea
la verità.)
E giìi — e giù — e giù ! Finirà mai quella ca-
duta ? " Chi sa quante miglia ho percorse a
quest' ora ? " sclamò. " Davvero io sto per toccare
il centro della terra. Vediamo : suppongo che
saranno quattrocento miglia di profondità — "
(come vedete. Alice aveva imparate molte di tali
cose nelle sue lezioni, ma non era quella la
migliore occasione per fare sfoggio della sua
erudizione, poiché non e' era ninno che 1' a-
scoltasse, ciò non di meno era bene di ripassarle
CONIGLIERA. 5
a mente) — "sì, la sarà questa la vera distanza, o
press' a poco — ma vorrei sapere a quale grado
di Latitudine o di Longitudine io sia giunta ! "
(Alice non sapea mica che fosse Longitudine o
Latitudine, ma pensò eh' erano belle parolone a
dire, e le disse !)
Passò qualche istante e poi rincommciò. "Che
dovessi io traversare la terra ? Sarebbe bella
s' io uscissi fra le genti che camminano col
capo in giù ! Credo che si chiamino le An-
tipatie — " (questa volta fu contenta che non
ci fosse ninno che l' ascoltasse, perchè quel
nome non le suonava giusto all' orecchio) " — ma
domanderò loro che nome abbia quel paese.
Di grazia, Signora, è questa la Nuova Zelanda ?
o r Australia ? " (e cercò di fare una riverenza
mentre parlava — figuratevi, far riverenza mentre
si casca giti a precipizio I Dite, potreste farla
voi ?) " Ma se farò una tale domanda mi crede-
ranno una sciocca. No, non la farò : forse troverò
scritto il nome in qualche parte colaggiù."
E giù — e giù — e giù ! Non avendo nulla- da
6 GIÙ NELLA
fare, Alice rincominciò a cinguettare. " Dina mi
cerclierà stanotte ! ^' (Dina era il nome della gatta).
"Spero che si rammenteranno di darle il suo
piattino di latte quando prenderanno il tè. Cara
Dina mia ! Vorrei che tu fossi meco quaggiù ! Non
vi son sorci nell' aria, ma sai, tu potresti afferrare
una nottola eh' è simile al sorcio. Ma che ! i
gatti mangiano le nottole 1" E qui Alice cominciò
a sonniferare, e fra il sonno e la veglia continuò
a ruminare fra denti, " I gatti mangiano le nottole ?
I gatti mangiano le nottole ì" E talvolta, " Le
nottole mangiano i gatti ? " perchè, vedete, non
potendo rispondere a nessuna delle due quistioni,
non le importava se invertiva il senso di esse.
Sonnecchiava di già, e proprio allora cominciava
a sognare che se ne andava a braccetto con Dina
e che le diceva con faccia austera : " Dina, dimmi
la verità : hai tu mai mangiata una nottola ? "
quando, tonfete ! cascò d' un subito sopra un
mucchio di ramicelli e di foglie secche, e la ca-
duta finì.
•Alice non si fece male e saltò in piedi lesta e
CONIGLIERA. 7
pronta : guardò in alto, era bujo affatto : davanti a
lei sfilava un lungo corridoio percorso dal Coniglio
bianco eh' era sempre in vista. Non e' era tempo
da perdere : Alice, come se avesse le ali, gli corse
appresso, e senti che sclamava, mentre svoltava
a una cantonata, — " Giurammio ! gli è tardi dav-
vero ! " Stava lì lì per raggiungerlo, ma appena
passò la cantonata il Coniglio non si vide più ; ed
ella si trovò in una sala lunga e bassa, illuminata
da una fila di lampade che pendevano dalla volta.
V erano porte tutt' intorno alla sala, ma erano
tutte serrate, e dopo che Alice andò su e giìi pro-
vando tutti gli usci per vedere se fosse possibile
d'aprirne qualcheduno ma sempre inutilmente, si
mise a camminar mestamente nel mezzo della sala,
pensando come mai avrebbe potuto riuscirne fuori.
Tutt' a un tratto capitò vicina a un piccolo
tavolino di cristallo solido e sorretto da tre piedi :
non e' era altro su d' esso che una chiavettina
d' oro : or la prima idea eh' ebbe Alice fu che
quella potesse aprire uno degli usci della sala ;
e provò — ma oimè ! o le toppe erano troppo
GIÙ NELLA
grandi, o la chiavettina era troppo piccola ; ma
comunque fosse, non potette aprirne alcuno. Ciò
non di meno, avendo fatto un secondo girò nella
sala, capitò davanti a una cortina bassa che non
aveva osservata prima, e dietro ad essa v' era un
piccolo uscio,
alto quindici
pollici o giù
di lì : provò
la chiavettina
d'oro se andasse
alla toppa, e
con molta alle-
grezza vide che
e' entrava per
r appuntino !
Alice apri 1' uscio e vide che dava a un pic-
colo corridoio, largo quanto una buca da topi : s' in-
ginocchiò, e vide al di là del corridoio il più bel
giardino del mondo. Oh ! quanto desiderò d' uscir
fuori da quella sala buja per correre su que' prati
di fiori risplendenti, e lungo le chiare e fresche
^.ì^ih>AJye
CONIGLIERA. 9
acque delle fontane, ma non V era dato neppure di
cacciare il capo fuori della buca ; " e ancorché il
mio capo potesse passarvi," pensò la povera Alice,
" mi servirebbe poco senza farci passare anche le
spalle. Oh quanto bramerei riserrarmi come un
telescopio ! Credo che potrei farlo, se sapessi sol-
tanto come cominciare." Poiché essendo ultima-
mente accadute tante cose straordinarie. Alice avea
cominciato a persuadersi che poche fossero le cose
veramente impossibili.
Era proprio tempo perso star lì piantata davanti
air usciolino, perciò Alice ritornò verso la tavola
con una mezza speranza di potervi trovare sopra
un' altra chiave, o almeno un libro il quale in-
segnasse alla gente a ri serrarsi come un can-
nocchiale : questa volta vi trovò un ampolla, (" e
certo non e' era prima," disse Alice,) e aveva
attaccato al collo un cartello sul quale a lettere
di scatola era magnificamente scritta questa parola
" BEVI."
Va benissimo il dire " Bevi," ma Alice eh' era
una ragazzina prudente, lì per lì non volle bere.
e
10
GIÙ NELLA
" Nò, voglio prima vedere se e è scritto ' veleno ; ' "
poiché ella aveva
letto molte belle
novellette sopra ra-
gazzi eh* erano stati
abbruciati, e man-
giati vivi da bestie
feroci, e cose si-
miglianti, e tutto
ciò perchè non vol-
lero ricordarsi della
prudenza ch'era
stata loro inses^nata
in casi simili ; come
per esempio, non maneggiare le molle infocate
perchè scottano ; se col coltello ti fai sul dito un
taglio molto profondo, certo n' uscirà sangue ; ed
ella non avea dimenticato quell' altro avvertimento,
se tu bevi smodatamente d' una bottiglia che
ha r iscrizione " veleno," presto o tardi ti farà
male.
Ciò non di meno quell' ampolla non aveva
CONIGLIERA. 11
r iscrizione "veleno," perciò Alice si avventurò di
assaggiarne il contenuto, e trovandolo delizioso
(di fatto aveva un sapore misto di torta di
ciliegie, di crema, d' ananasso, di tacchino arrosto,
di torrone, e di crostini burrati), lo vuotò tutto
d' un fiato.
« » « «
"Che curiosa sensazione!" disse Alice; "mi
vo ristringendo come un cannocchiale!"
Ed era proprio così : non aveva più che dieci
pollici d' altezza, e il suo bel visino s' illuminò di
gioja pensando che finalmente era giunta alla
giusta statura per traversare l' usciolino, ed entrare
nel bel giardino. Prima aspettò qualche minuto
per vedere se rimpicciolisse di più; è vero che
provò una certa ansietà su quel mutamento ;
" perchè, sapete, potrei rimpicciolirmi tanto da
sparire affatto come una candela," disse Alice.
" A chi assomiglierei allora ?" E cercò di farsi
un' idea dell'* apparenza della fiamma d' una
e 2
la GIÙ NELLA
candela smorzata, poiché non potea nemmeno
ricordarsi se mai avesse veduta una cosa simile 1
E scorsero alcuni momenti, e veggendo che
nulla di nuovo le accadeva, si accinse ad entrare
nel giardino ; ma — povera Alice ! — quando fu al-
l' uscio, si accorse che avea dimenticata la chiavet-
tina d' oro, e quando si rivolse verso la tavola dove
r avea lasciata, vide che non potea più arrivarla :
essa la vedea chiaramente a traverso del cristallo,
e fece ogni sforzo possibile per arrampicarsi ad uno
de' piedi della tavola e montar su, ma gli era
troppo sdrucciolevole ; e dopo essersi affaticata
invano per vincere quella difficoltà, la poverina si
sedette e pianse.
"Via! che vale abbandonarsi al pianto I "
disse Alice a se stessa ; " io ti consiglio invece, o
Signorina, di smetter subito quel piagnucolare ! "
Generalmente ella dava a sé stessa dei buoni con-
sigli (benché raramente poi li seguisse), e talvolta
si rimproverava tanto severamente che le lagrime
le scorrevano per le gote ; e si rammentò che una
volta stava lì lì per schiaffeggiarsi perché s' era
CONIGLIERA. 13
truffata in una partita di croquet che giuocava
contro a se medesima, che questa straordinaria
bimba trovava piacere a fingersi di essere due
persone. "Ma ora è inutile voler credermi due
persone," pensò la povera Alice, " me ne resta
appena tanto per comporne una !".
Ed ecco, le cadde sott' occhio una cassettina
di cristallo che giaceva sotto la tavola : V aprì, e
vi trovò dentro un piccolo pasticcino, sul quale,
con uva di Corinto, era scritto in belli caratteri
" MANGIA." " Bene ! lo mangerò," disse Alice,
" e se mi farà crescere di molto, giungerò ad
afferrare la chiavettina, e se mi farà rimpicciolire
mi striscerò sotto l'uscio: cosi in un modo o in
un altro entrerò nel giardino, e poi, sarà quel che
sarà,!
Ne mangiò un bocconcino, e mettendosi la mano
sul capo, sclamò ansiosamente : " In qual modo ?
In qual modo V per vedere in qual modo si
mutava, ma restò molto sorpresa nel vedersi della
atessa statura : certo, così accade a tutti coloro
che mangiano pasticci, ma Alice s'era tanto
14 r4IU NELLA CONIGLIERA.
abituata a veder cose straordinarie, che le sem-
brava una cosa stupida e sciocca quella di
crescere, come si cresce generalmente.
E tornò alla bisogna, e in poclii istanti ingoiò
tutto il pasticcio.
» « » *
» * *
* « * »
CAPITOLO IL
LO STAGNO DI LAGRIME.
" Curiosissimo e
sempre più curiosis-
simo ! " gridò Alice
(era tanta la sua sor-
presa che non sapeva
più parlar corretta-
mente la sua lingua) ;
" mi sto allungando
come un cannocchiale,
e il più lungo che mai
vi sia stato ! Addio
piedi 1" (perchè appena
guardò giù a' suoi piedi
le sembrò che li avesse
quasi perduti di vista,
tanto erano lontani).
" Oh i miei poveri
16 LO STAGNO
piedini ! chi mai in terra v' infilerà le calze,
e vi metterà le scarpettine ì Davvero io non
potrò farlo pili ! Oramai sarò tanto lungi da
voi, che certo io non mi prenderò più briga
di voi altri : bisoo;na che vi accomodiate alla
meglio ; — eppure bisognerebbe eh' io li trattassi
bene," pensò Alice, " se nò, non vorranno andare
per la via eh' io vorrei battere ! Vediamo un po' :
ogni anno a Natale darò loro un bel pajo di
stivaletti."
E andava mulinando col cervello come farebbe.
*' Glieli manderò col procaccino," pensò la bimÌ3a ;
" ma gli è davvero strano il mandar regali a'
propri i piedi ! E quanto sarà curioso 1' indirizzo !
Al Signor Piedestro d'Alice,
Tappeto,
Presso il parafuoco,
{coi saluti cV Alice).
Meschina ! quante sciocchezze vo dicendo 1 "
Giusto allora il suo capo urtò contro la volta della
sala : aveva più di nove piedi d' altezza ! Subito
DI LAGRIME.
17
adunghiò la chiavettina d' oro, e via, A^erso 1' uscio
del giardino.
Povera Alice ! Tutto quello clie potea fare
consisteva nel giacere, appoggiando il fianco per
guardare il giardino con la coda d' un occhio ; ma
il penetrarvi dentro era diventato piìi difficile che
mai : sedette dunque, e si rimise a piangere.
" Ti dovresti vergognare," disse Alice, " figurati,
una gran ragazzona come te " (e davvero lo poteva
dire allora) " fare la piagnolosa I Smetti subito ti
dico I " Ma pure continuò, versando lagrime a
secchie, sinché formò uno stagno intorno a lei di
quasi quattro pollici d'" altezza, e che giungeva a
metà della sala.
Qualche istante dopo sentì in lontananza come
uno scalpiccio ; subito si forbì gli occhi per
vedere chi fosse. Era il Coniglio bianco che
ritornava, splendidamente vestito, con un pajo di
guanti bianchi in una mano, e un gran ventaglio
neir altra : veniva trottando frettolosamente, e
mormorando fra se stesso, " Oh ! la Duchessa, la
Duchessa ! Se n' andrà sulle furie perchè V ho
LO STAGNO
fatta aspettare ! " Alice era tanto fuori di se che
avrebbe chiesto soccorso a chiunque le fosse capi-
tato : così quando il Coniglio le fu vicino, gli
disse con voce tremula e sommessa, " Di grazia,
DI LAGRIME. 1»
Signore — ." Il Coniglio trasaltò, gli caddero a
terra i guanti e il ventaglio, e in mezzo a quella
tenebrìa si mise a correre di traverso come se
avesse le ali alle zampe.
Alice raccattò il ventaglio e i guanti, e perchè
la sala pareva una stufaiuola si rinfrescò sven-
tolandosi e parlando fra se : " Meschina me !
Come ogni cosa è strana quest' oggi! Eppure
ieri le cose andavano secondo il solito. Non mi
sorprenderebbe se stanotte fossi stata scambiata !
Vediamo : non ero io, io stessa che mi levai questa
mattina ? Mi pare di rammentarmi eh' io mi
trovai un poco diversa. Ma se non sono la stessa
dovrò rivolgermi questa domanda : Chi mai dunque
son io ? Ah I qui sta V imbroglio ! " E ripensò
a tutte le ragazze che conosceva, e che erano del-
l' età sua, per vedere se per caso fosse stata tras-
formata in una di quelle.
"Certo io non sono Ada," disse, "perchè i suoi
capelli sono inanellati, e i miei non lo sono punto ;
certo non sono Isabella, poiché io so tante belle
cose, e quella poverina sa tanto poco ! Eppoi
20 LO STAGNO
Isabella è Isabella, ed io sodo io. Meschina! che
imbroglio è questo ! Proviamo se io mi ram-
mento tutte le cose che sapeva una volta : quattro
volte cinque fanno dodici, e quattro volte sei fanno
tredici, e quattro volte sette fanno — oimè ! Se
vado di questo passo non giungerò mai a venti !
Del resto la Tavola Aritmetica non significa nulla :
proviamo la Greografia : Londra è la capitale di
Parigi, e Parigi è la capitale di Koma, e Roma ,
nò, ho sbagliato tutto ! Davvero devo essere stata
trasformata in Isabella ! Proverò a ripetere ' Ron-
dinella pellegrina;''^ e si mise le mani conserte
al petto come se stesse per ripetere le lezioni, e
cominciò a recitare quella Romanza, ma la sua
voce suonava rauca e strana, e le parole non le
uscivano dalle labbra come una volta : —
" ' RondÌ7iella porporina
Che ti posi sul loggione
Raccattando ogni mattina
La zanzara ed il moscone,
Li vuoi friggere in padella
Porporina Rondinella ì ' "
DI LAGRIME. 21
"Scommetto che le vere parole della Romanza
non son queste," disse la povera Alice, e le ritorna-
rono i lucciconi agli occhi. "In somma," continuò
a dire,- " io devo essere Isabella, e dovrò andare
a vivere in quella casuccia, e non aver quasi più
giuocattoli, e tante lezioni da imparare ! Ma se
sono Isabella, caschi pure il mondo, io resterò qui !
Inutilmente, signori miei, caccerete la testa dal
soffitto per dirmi ' Carina, vieni su ! ' Io alzerò
soltanto gli occhi, e dirò loro, 'Chi son io?
Ditemelo prima, e se sarò quella che voi cercate,
verrò su ; se no resterò qui inchiodata sino a
che sarò qualchedun' altra ' — ma, oimè ! " sclamò
Alice, versando un fiume di lagrime. " Vorrei
che mettessero fuori la testa ! Son tanto stanca
d' esser qui, sola 1 "
E si guardò le mani, e si meravigliò vedendo
che mentre parlava fra se stessa aveva infilato
uno de' guanti bianchi che il Coniglio avea
lasciati cadere. " Come mai ho potuto far ciò ? "
disse. " Forse sono ridiventata piccina."
Si levò ed awicinossi alla tavola per misurarsi
22 LO STAGNO
con quella, — osservò che, per quanto le pareva, era
ridotta a circa due piedi d' altezza e che andava
impiccolendosi rapidamente : indovinò che la causa
di questa nuova trasformazione era il ventaglio che
aveva in mano, e subito lo buttò a terra, — e fu
proprio a tempo, altrimenti assottigliava tanto da
sparire totalmente.
" L' ho scampata bella ! " disse Alice tutta
impaurita da quel subitaneo mutamento, ma lieta
però perchè esisteva ancora ; " ed ora andiamo al
giardino ! " e rivolse sollecitamente i passi verso
r usciolino ; ma ahi ! V usciolino era chiuso, e
la chiavettina d'oro era sulla tavola come prima ;
" le cose vanno proprio alla peggio/' pensò la
derelitta fanciulla, "non sono stata mai tanto
piccina ! E protesto che tutto ciò è un brutto
affare, ma brutto assai ! "
Mentre diceva queste parole, sdrucciolò, e
zaifete ! cascò sino al mento nell' acqua salsa.
Imprima credette esser caduta nel mare, " e in tal
caso potrò tornare a casa per la ferrovia," disse
fra se. (Alice era stata una volta sola ai bagni
23
di mare, d' allora in poi s' imaginò che dovun-
que si va, verso la spiaggia, trovansi casotti
da bagni lungo il mare, ragazzi che zappano
r arena con le vanghe di legno, poi una fila di
case mobiliate, e dietro ad esse una stazione di
strada ferrata). Ma subito si accorse eh' era
caduta nello stagno delle lagrime che avea versate
quando aveva nove piedi d' altezza.
" Peccato eh' io abbia pianto tanto ! " disse
Alice, nuotando, e cercando d' afferrar la riva.
"Ora sì che sarò punita, affogando nelle mie
proprie lagrime ! La sarà proprio una cosa strana !
Ma tutto è strano oggi."
24 LO STAGNO
E sentì qualche cosa che sguazzava nello
stao-no, si rivolse e credette vedere un elefante di
mare o un ippopotamo, ma si rammentò eh' era
assai piccina allora, e scoprì eh' altro non era che
un sorcio, cascato come lei nello stagno.
Pensò Alice, " Forse farei bene di parlare a
questo sorcio. Ogni cosa è talmente straordinaria
quaggiù che non mi stupirei se egli potesse parlare :
ad ogni modo, proviamo." E«cominciò : " Sorcio,
sai tu la via per uscire da questo stagno ?
Sorcio, io mi sento veramente stanca di nuotare
qui ! " (Alice pensò che quello era il vero modo di
parlare ad un sorcio : non aveva mai fatto una
cosa simile prima, ma si rammentò d' aver letto
nella Grammatica Latina di suo fratello, " Un
Sorcio — di un Sorcio — a un Sorcio — un Sorcio —
Sorcio ! ") Il Sorcio la guardò fissamente, la
squadrò ben bene co' suoi piccoli occhietti, ma
non rispose niente.
" Forse non intende la mia lingua," disse
Alice ; " scommetto eh' è un Sorcio Francese,
venuto qui con Napoleone." (Eh già ! con tutte
DI LAGRIME. 25
le sue cognizioni storiche, Alice non sapea al
giusto le date che citava.) E rincominciò " Où,
est ma chatte ? " era questa la prima frase eh' avea
trovata nel suo libriccino di Lingua Francese. Il
Sorcio fece un salto nelF acqua, e tremò a verghe.
"Le domando perdono!" soggiunse subito Alice,
avvedendosi d'avere scossi i nervi delicati della
bestiolina. " Avea dimenticato che lei non ama
i gatti."
" Amare i gatti, io ! " sclamò con voce acuta e
rabbiosa. " Amerebbe lei i gatti, se fosse me ? "
"Eorse no," rispose Alice con voce carezzevole,
" ma non si adiri, sa ! Eppure io vorrei farle vedere
Dina, la gatta nostra ; se la vedesse ne sarebbe
innamorato pazzo. La è una bestiolina tanto
carina e quietina," e nuotando svogliatamente e
parlando talvolta a se stessa, continuava Alice,
" e fa le fusa per benino quando giace accoccolata
presso al focolare, leccandosi le zampine e nettandosi
la faccia — e l' è tanto soffice e soave alle carezze —
e r è proprio un paladino nel!' afferrare i sorci —
oh mi perdoni ! " sclamò di nuovo Alice perchè
D
26
LO STAGNO
questa volta il Sorcio aveva il pelo tutto arruffato,
e sembrava offeso immensamente, "Noi non ne
parleremo più se ciò le incresce."
" Noi, davvero ! " gridò il Sorcio che avea la
tremarella sino alla punta della coda. " Come
se io volessi parlare dei gatti ! La nostra famiglia
odiò sempre i gatti ; bestiaccie schifose, volgari
e basse ! Non mi faccia sentir più il nome
loro ! "
" No, davvero ! " rispose sollecitamente Alice, e
mutando argomento, soggiunse. "Dica, le piacciono
DI LAGRIME. 27
forse — le piacciono — i — i cani ? " Il Sorcio non
rispose, e Alice seguitò così. " Vicino a casa
nostra, e' è un bellissimo cagnolino, se lo vedesse !
E un canbassetto con certi belli occhi luccicanti,
e col pelo cenerino, arricciato e lungo ! Ei busca
benissimo le cose che gli si gittano, e siede sulle
zampine di dietro per pitoccare il suo desinaruccio,
e fa tante altre belle cosettine — non potrei neppure
rammentarne la metà — appartiene a un fattore, ed
egli dice che la bestiolina vale proprio un Perii,
perchè gli è utile di molto, e uccide tutt'i topi,
e — oimè ! " gridò Alice tutta sconsolata. " Temo
d' averla offesa di nuovo ! " E davvero 1' aveva
offeso perchè il Sorcio si allontanò nuotando furio-
samente ed agitando le acque dello stagno.
Alice lo richiamò con un soave tuono di voce,
" Sorcio caro, ritorni pure, ed io le prometto che
non parlerò piìi di gatti né di cani ! " A queste
parole, il Sorcio si rivoltò indietro, nuotando
lentamente verso di lei : la sua faccia era pallida
(di rabbia, pensò Alice), e disse con voce sommessa
e tremante, " Approdiamo alla spiaggia, e le rac-
D 2
28 LO STAGNO DI LAGRIME.
conterò la mia storia, allora lei capirà perchè io
detesti tanto i gatti e i cani."
Era proprio tempo d' uscir fuori, perchè lo
stagno si stava riempendo di uccelli e d'altri
animali che v' eran caduti dentro : un' Anitra, un
Dronte, un Lori, un Aquilotto, ed altre curiose
bestioline. Alice aprì la via, e tutti, nuotando,
la seguirono alla spiaggia.
CAPITOLO III.
CORSA ARRUFFATA, E RACCONTO CON LA CODA.
L'assemblea che si riunì alla spiaggia era
oltremodo bizzarra — figuratevi, gli uccelli avevano
le piume fradice, e gli altri animali avevano il pelo
incollato a' loro corpicciuoli ; e tutti erano inzup-
pati, grondanti acqua, tristi e malcontenti.
Naturalmente la prima quistione che fu posta
fu quella di sapere come si sarebbero asciugati :
30 CORSA ARRUFFATA,
si consultarono insieme su questo argomento,
e pochi minuti dopo Alice si mise a parlare fami-
liarmente con loro, come se li avesse conosciuti
da un secolo. Ebbe una lunga discussione col Lori,
ma bentosto quest' ultimo le fece un viso
arcigno, e disse perentoriamente, " Son più vecchio
di lei, perciò devo saper più di lei ; " ma Alice
non volle convenirne se prima non le avesse detto
quanti anni aveva. Il Lori non volle dirlo, e
la loro conversazione cessò.
Finalmente il Sorcio, che sembrava essere
persona d' una certa autorità fra loro, gridò,
" Si seggano signori, e mi ascoltino ! Io seccherò
tutti in pochi momenti ! " Tutti sedettero, in cir-
colo, col Sorcio in mezzo. Alice gli affisò ansiosa-
mente gli occhi in faccia, perchè era sicura che
se non si fosse presto rasciugata avrebbe guada-
gnata una infreddatura solenne.
" Hem ! " disse il Sorcio con aria autorevole,
" sono tutti air ordine ? Questa domanda è ba-
stantemente secca, mi pare ! Silenzio tutti, di grazia !
* Il Generale Oudinot che venne a restaurare il
E RACCONTO CON LA CODA. 31
governo papale, fu presto secondato dal Re di
Napoli, e dalle truppe della Regina di Spagna
"Uif!" fece il Lori, con un brivido.
" Scusi ! " disse il Sorcio tutto accigliato, ma
con molta civiltà : " Diceva qualche cosa ? "
" Le pare ! " rispose frettolosamente il Lori.
" Mi era parso di sì," soggiunse il Sorcio. —
" Continuo dunque. ' Il Re di Napoli e la
Regina di Spagna, con Oudinot, sposarono la
causa del Papa, ed anche il Granduca di Toscana
trovò la cosa
" Trovò che cosa ? " disse 1' Anitra.
" Tiovò la cosa" replicò vivamente il Sorcio :
"ella sa che significa 'la cosa.'"
" So bene che significa ' la cosa ' quando io
trovo qualche cosa," rispose 1' Anitra : " general-
mente trovo un ranocchio o un verme. Or la
quistione sta ' nella cosa,' che cosa ha trovato il
Granduca?"
Il Sorcio non gli badò punto e si affrettò
d' andare innanzi, " ■ — trovò la cosa ben fatta cioè
di unirsi ad Oudinot, al Re di Napoli ed alla
32 CORSA ARRUFFATA,
Regina di Spagna, per assistere il Papa e rimet-
terlo sul trono. Nel principio il Papa usò mode-
razione ma la violenza dei suoi consisflieri '
o
Ebbene, carina, come si sente ora?" disse, rivol-
gendosi ad Alice.
" Bagnata come un pulcino," rispose Alice
mestamente, " non mi pare che la sua storiella mi
secchi abbastanza."
"Allora," disse il Dronte con voce solenne, e
levandosi in piedi, " propongo che il parlamento
si aggiorni, acciochè sieno adottati rimedii piìi
energici "
" Ma parli italiano ! " sclamò V Aquilotto.
"Non capisco la metà delle sue parolone, e forse
lei stesso non ne intende cica 1" ET Aquilotto
abbassò la testa per nascondere un sorriso, ma
alcuni degli uccelli sghignazzarono apertamente.
"Volevo dire," continuò il Dronte, facendo il
broncio, "che il miglior modo di seccarsi sa-
rebbe quello di fare una Corsa arruffata."
" Che è la Corsa arruffata ? " domandò Alice ;
non le premeva molto di saperlo, ma il Dronte
£ RACCONTO CON LA CODA. 33
taceva come se qualcheduno dovesse parlare,
mentre niuno sembrava disposto ad aprire becco
o bocca.
" Ecco," disse il Dronte, " il miglior modo di
spiegarla è quello di eseguirla." (E siccome vi
potrebbe venire la voglia di provare questa
Corsa in qualche giorno d' inverno, vi dirò
come il Dronte la diresse.)
Imprima tracciò la linea dello steccato, una
specie di circolo ("già, non importa che sia ben
tracciata," disse), e poi tutta la comitiva entrò
nello steccato mettendosi chi qua, chi là. Non si
udì " Uno, due, tre, — via ! " ma cominciarono a
correre a piacere, e si fermarono quando n' ebbe-
ro voglia, di tal che non si seppe quando la Corsa
fosse terminata. Ad ogni modo, dopo che ebbero
corso una mezz'ora o quasi, e si sentirono tutti
ben seccati, il Dronte sclamò tutt'a un tratto,
" La corsa è finita ! " e tutti 1' intorniarono ane-
lanti, e sclamando, " Ma chi ha vinto ? "
Questa domanda impensierì immensamente il
Dronte, perciò sedette e restò lungo tempo con
34 COESA ARRUFFATA,
un dito appoggiato alla fronte (tale e quale come
è rappresentato Dante), mentre gli altri zitti-
vano. Finalmente il Dronte disse, " Tuttiquanti
lianno vinto, e tutti debbon' essere premiati."
"Ma chi distribuirà i premii ?" replicò un coro
di voci.
" Essa, s' intende," disse il Dronte, indicando
Alice con un dito ; e tutti si affollarono intorno a lei,
gridando confusamente, " I premii I I premii ! "
Alice non sapea che fare, e nella disperazione
cacciò la mano in tasca, e ne cavò una scatola'
di confetti (per buona sorte l'acqua non v'era
entrata dentro), e ne distribuì tutt' intorno. Ce
ne erano appunto uno per uno.
" Ma essa dovrebbe avere un premio," disse il
Sorcio.
" S' intende," soggiunse il Dronte assai grave-
mente. " Che altro ha in saccoccia ? " disse,
rivolgendosi ad Alice.
" Soltanto un ditale," rispose mestamente la
fanciulla.
"Dia qui," replicò il Dronte.
E RA.CCONTO CON LA CODA.
3;'
E tutti r accerchiarono di nuovo, mentre il
Dronte con molta gravità le offrì il ditale, e
disse, " La preghiamo di accettare quest' elegante
ditale;" e appena finito questo breve discorso,
tutti applaudirono.
Alice giudicò tutto quest'affare come una cosa
36 CORSA ARRUFFATA,
sovranamente stupida, ma avevano tutti un con-
tegno talmente grave eh' ella non osò ridere, pure
non seppe clie cosa rispondere, ma semplicemente
s'inchinò e prese il ditale assumendo la migliore
serietà del mondo.
Rimaneva ora il mangiare i confetti ; ciò
produsse un po' di rumore e di confusione, poiché
gli uccelli grandi si lagnavano che non avean
potuto assaporarne il gusto, e gli uccelli piccoli
avendoli inghiottiti ne rimasero pressoché strozzati
e si dovette loro picchiar la schiena. Ma anche
ciò ebbe un termine e sedettero in circolo, pre-
gando il Sorcio di dir loro qualcosuccia di più.
" Si rammenti che mi ha promesso di raccon-
tarmi la sua storia," disse Alice, "e la ragione
per cui odia i ' G ' e i ' C ' " soggiunse sommessa-
mente, e un poco con paura che di nuovo si
offendesse.
" La mia è una storia lunga e trista, e con la
coda ! " rispose il Sorcio, rivolgendosi con un
sospiro ad Alice.
" Certo è una lunga coda," disse Alice, guar-
E RACCONTO CON LA CODA. 37
dando con meraviglia alla coda del Sorcio ; " ma
perchè la chiama trista?" E continuò a pen-
sarvi sopra imbarazzata mentre il Sorcio parlava ;
e così l'idea che si fece di quella storia con la
coda fu presso a poco questa :
Furietta disse
al Sorcio,
che in casa
avea
trovato :
Andiamo
al Tribunale,
ti voglio
processare,
^on chiedo
le tue scuse,
Sorcio
indiavolato,
Quest' oggi
non ho nulla
a casa mia
da fare. —
Disse a
Fui-ietta
il Sorcio :
Ma come
andremo
in Corte ?
Senza giuri
né giudici?
Sarebbe
una vendetta !
Sarò giuri
e giudice,
rispose
allor
Furiefta,
E passeri
latrando,
La tua
sentenza
amorte.
38 CORSA ARRUFFATA,
" Ella non presta attenzione ! " disse il Sorcio
ad Alice con tuono severo. " A che cosa sta
pensando 1 "
" Le domando scusa./' rispose umilmente Alice :
"ella è giunta alla quinta curvatura della coda,
non è vero ? "
" No, doli ! " riprese il Sorcio con voce acerba
ed irata.
" Che ! e' è un nodo f " sclamò Alice sempre
pronta e servizievole, e guardandosi attorno. " Mi
conceda il favore di disfarlo ! "
" Niente affatto," rispose il Sorcio, levandosi e
in atto di partire. " Lei m' insulta dicendomi
tali scempiaggini ! "
" No, davvero ! " disse Alice con sottomissione.
*' Ma lei s' offende tanto facilmente ! "
Per tutta riposta il Sorcio si mise a borbottare.
" Di grazia, ritorni, e finisca il suo racconto ! "
Alice dunque lo richiamò ; e tutti gli altri sclama-
rono in coro, " Via, finisca il racconto ! " ma il
Sorcio crollò il capo con un moto d' impazienza,
ed affrettò il passo.
E RACCONTO CON LA CODA.
" Peccato che non sia restato 1 " disse sospi-
rando il Lori, appena che il Sorcio si perde di
vista ; e un vecchio granchio colse quella oppor-
tunità per dire alla sua figlia, " Amore mio, ciò
ti serva di lezione, e hada a non andar mai in
collera I "
" Sta zitto. Babbo," rispose la piccina con un
fare sdegnosetto. " Tu provocheresti anche la
pazienza d' un' ostrica I "
" Ah se Dina fosse qui ! " disse Alice, parlando
ad alta voce, ma senza rivolgersi a chi che sia.
" Lo porterebbe indietro in un momento ! "
"Perdoni la curiosità, chi è Dina T' domandò
il Lori.
Alice rispose sollecitamente, perchè la era
sempre pronta a jjarlare della sua prediletta :
"Dina ò la nostra gatta. E un vero paladino
quando va a caccia di sorci ! E se la vedeste
correr dietro agli uccelli ! Visti e presi ! "
Questo discorso produsse un impressione vivis-
sima neir assemblea. Alcuni uccelli volarono
via di botto : una gazza vecchia si avviluppò ben
40 CORSA ARRUFFATA.
bene dicendo, " E ormai tempo di tornare a
casa; l'aria della notte mi fa male alla gola!" e
un canarino chiamò con voce tremula tutt'i suoi
piccini, " Venite, venite carini I Gli è tempo di
andare a letto ! " E cosi chi con un pretesto chi
con un altro, tutti andarono via, ed Alice rimase
sola.
"Ho fatto male di nominare Dina!" disse fra
se assai mestamente. " Ei pare che ninno V ami
(j^uaggiìi, eppure la è la miglior gatta del mondo !
(Jh Dina mia cara ! Chi sa, se ti rivedrò mai
più !" E la povera Alice rincominciò a piangere
perchè si- sentiva tutta soletta e sconsolata. Ma
alcuni momenti dopo, senti di nuovo uno scalpiccio
in lontananza, e guardò fissamente, nella speranza
che il Sorcio avesse mutato pensiero, e tornasse per
finire il suo racconto.
CAPITOLO IV.
LA CASETTINA DEL CONIGLIO.
Era il Coniglio bianco che ritornava bel bello
indietro, guardando ansiosamente qua e là, come
che avesse smarrito qualche cosa, e mormorando
fra se stesso : " Oh la Duchessa ! la Duchessa !
Oh zampine mie! pelle e baffi miei state freschi
ora ! Ella mi farà impiccare, e ne son tanto
sicuro come son certo che le donnole sono don-
nole 1 Ma dove mai mi son caduti V Alice
indovinò subito eh' egli andava ricercando il
ventaglio e il paio di guanti bianchi, e buona
e servizievole com' era, si dette attorno per
ritrovarli, ma fu inutile, non si trovarono più —
E
42 LA CASETTINA
Ogni cosa sembrava mutata dal momento eh' era
cascata nello stagno ; e la gran sala, e il tavo-
lino di cristallo, e 1' usciolino erano svaniti total-
mente.
Bentosto il Coniglio si accorse di Alice, men-
tr'ella si affannava alla ricerca, e gridò con voce
irata, " Marianna che cosa stai facendo qui ? Via
corri a casa, e portami un paio di guanti ed un ven-
taglio ! Subito, ti dico ! " Alice fu tanto spaven-
tata da quella voce che senza perder tempo corse
velocemente verso il luogo indicato, senza dir
nulla sullo sbaglio che il Coniglio faceva.
"Mi ha presa per la cameriera," disse fra se
mentre continuava a correre. " Ei sarà molto sor-
preso quando scoprirà chi io sia! Ma è meglio
recargli il ventaglio e i guanti, cioè, purché io li
possa trovare." E giunse innanzi a una bella caset-
tina, e sull' uscio v' era un cartello inciso sopra
una rilucente lamina di ottone, con questo nome
" CONIGLIO B." Entrò, senza picchiare all' uscio,
e frettolosamente divorò tutta la scala temendo
d' incontrare la vera Marianna, ed esser da lei cac-
DEL CONIGLIO. 43
ciata via dalla casa prima di trovare il ventaglio
e i guaDti.
" Gli è proprio curioso, ' pensò Alice, " d' esser
mandata da un Coniglio a far servizi ! Mi as ■
petto che Dina vorrà poi mandarmi a far servizi
per lei!" E cominciò a fantasticare ciò che in
tal caso avverrebbe : " ' Siora Alice ! Venga qui
subito, e si prepari a trottare ! ' ' Eccomi qui, tata !
Ma dovrei far la guardia a questo buco sinché
Dina venga, acciocché il sorcio non ne scappi.'
Pei"ò non crederei," continuò Ahce, " che permette-
rebbero a Dina di restare in casa se essa comin-
ciasse a comandare la gente a questo modo ! "
E cosi ciarlando entrò in una cameretta assai
pulitina, con una tavola presso al terrazzino, e sopra
di essa v erano (come Alice avea di già sperato,
un ventaglio e due o tre paja di guanti bianchi
e nitidi ; ella prese il ventaglio ed un pajo di
guanti, e stava per uscire, quando le cadde
sott' occhio un' ampolla che stava vicino allo
specchio. Non avea nessun cartello attaccato,
con la parola " BEVI," eppure essa la sturò
E 2
44 LA CASETTIXA
e se r avvicinò alle labbra. " Certo qualche cosa
di meraviglioso mi accade ogni qual volta bevo
o mangio," disse fra se ; " vediamo dunque che
cosa produrrà questo liquore. Spero che mi farà
crescere di nuovo, perchè sono proprio stanca di
vedermi così piccina ! "
E così accadde, e molto più presto di quello
che si aspettasse : pria che avesse bevuto la metà
dell' ampolla senti che il suo capo premeva contro
la volta, e dovette smetter subito, perchè rischiava
di rompersi la nuca. Immediatamente depose
r ampolla, dicendo, " Basta per ora — spero che
non crescerò di più— ma così come sono non
potrò uscire più dall' uscio — ah ! magari, avessi
bevuto meno!"
Oimè ! era tardi il pentirsi I Andò crescendo,
crescendo, e dovette inginocchiarsi, perchè non
poteva più stare in piedi ; e dopo un altro minuto,
dovette sdraiarsi appoggiando un gomito all' uscio,
e mettendo un braccio intomo al capo. E cresceva
ancora ; disperata, cacciò una mano fuori della
finestra, ficcò un piede nel caminetto, e disse a sé
DEL CONIGLIO.
45
medesima, " Checché accada, non posso far di più.
Che sarà di me ? "
Buono per Alice che la virtù dell' ampolla
magica era gimita al suo apice, e perciò non
crebbe di più : ciò non di meno si sentiva molto
male in quello stato, e come che non c'era verso
d' uscire da quella gabbia, se ne attristò di
molto.
'•' Stava molto meglio a casa mia," pensò la
povera Alice, " colà non passava il mio tempo
46 LA CASETTINA
il crescere ed a impiccolire, e ad esser la serva de'
sorci e de' conigli. Quasi quasi mi pento d' esser
discesa nella Conigliera — eppure — eppure — l' è
curiosetto questo genere di vita! Ma, che cosa
mai son' io addiventata ? Quando io leggeva le
novelle delle fate, credeva che quella sorta di stra-
nezze non potesse mai accadere, ed ora eccomi nel
bel mezzo di una di quelle. Si dovrebbe scrivere
un libro su queste mie avventure, si dovrebbe,
certo ! Quando sarò grande ne scriverò uno
— ^ma sono di già grande," soggiunse con
mestizia, "e non c'è spazio per crescere di più
qui.
" Ma che," pensò Alice, " non crescerò più
negli anni ? Da una parte sarebbe un bene — non
diventare mai vecchia, — ma quell' imparar sempre
le lezioni m' annoierebbe ! Oh non mi piacerebbe
CIO !
" Ah pazzerella che sei ! " rispose Alice a se
stessa. " Come potresti imparare le lezioni, qui ?
C è appena spazio per te, come e' entrerebbero
i libri?"
DEL CONIGLIO. 47
E COSÌ passava il tempo, ora parlando, ora
rispondendo a sé stessa, e facendo una vera
conversazione fra Alice ed Alice ; ma dopo
qualche istante sentì una voce di fuori, e si mise
ad ascoltare.
"Marianna! Marianna!" vociava quel tale di
fuori; "portami subito i guanti!" E si sentì un
calpestìo frettoloso per la scala. Alice pensò che
fosse il Coniglio che veniva a sollecitarla a far
presto, e tremò tanto da scuoter la casa dalle
fondamenta, scordandosi eh' oramai era diventata
mille volte più grande del Coniglio, e che non
e' era motivo da spiritar di paura.
Il Coniglio giunse all' uscio, e cercò di aprirlo,
ma gli era inutile spingere la porta, perchè il gomito
d'Alice era puntellato contro. Alice udì che il
Coniglio diceva fra sé, " Andrò dietro la casa ed
entrerò per la finestra."
/'Non ci entrerai!" pensò Alice, ed attese sino a
che le parve che il Coniglio fosse sotto la finestra ;
allora aprì d'un subito la mano come se volesse
acchiappare qualche cosa nell'aria. Non afferrò
48
LA CASETTINA
nulla, ma senti uno strillo e il rumore d'una
caduta, poi un fracasso di vetri rotti, e capì che
il poverino era probabilmente cascato in qualche
vetrina da cetrioli o
cosa simile.
Poi s' udì una
voce rabbiosa —
quella del Coniglio:
— " Gianni ! Gi-
anni ! Dove sei ? "
E rispose una voce
eh' ella non avea
mai sentita, " Ec-
comi qua ! Stava
scavando patate, il-
lustrissimo ! "
" Scavando patate ! " tuonò furiosamente il
Coniglio. " Vieni qua ! Aiutami per uscire da
questo ! ..." (Cricch ! si sentì scricchiare- il
vetro).
" Dimmi Gianni, che mostruosità e' è lassù, alla
finestra ? "
DEL CONIGLIO. 49
" Poffare ! gli è un braccio, lustrissimo ! "
" Un braccio ! va via paperone ! Chi ne ha mai
veduti di quella grossezza ? Diamine, riempie tutta
la finestra ! "
" Gli è proprio così, lustrissimo : ma è un braccio
beli' e buono."
" Bene, ma ei non ha niente da fare con la mia
finestra ; va, portalo via ! "
Successe un lungo silenzio, poi Alice sentì un
bisbiglio sommesso ; e parole come queste, " Dav-
vero, non potrei, lustrissimo ; nò, davvero ! " '" Fa
come ti dico, vigliaccone I " allora Alice di nuovo
fendette l'aria con la mano minacciando d'ac-
chiappare. Questa volta si udirono due strilli
acuti, e cri, cri, scricchiò di nuovo il vetro.
" Quante vetrine da cetrioli vi debbon essere
colaggiù ! " pensò Alice. " Chi sa che faranno
dopo ! Quanto al cacciarmi fuori dalla finestra,
vorrei che potessero farlo ! Certo, io non ho
mica voglia di rimauer piìi qui ! "
Aspettò un poco, ma non si sentiva nulla ; ecco
finalmente avvicinarsi un cigolìo di certe ruote di
50 LA CASETTINA
cani, e molti che vociavano e parlavano insieme : e
sentì che dicevano : " Dov'è l'altra scala? — Ma, io
non ne dovea portare che una; Tonio ha l'altra —
Dì, Tonio, portala qui, bambino mio ! — Là, appog-
giatela a quel cantone — No, no, legatele insieme
prima — non vedete che non arrivano ! — Oh ! vi
arriveranno, non sarà tanto difficile ! — Qua, Tonio,
afferra questa fune^ — Ma reggerà il tetto ? — Bada a
quella tegola che vacilla ! — Ohe, casca giti ! — Bada !
bada!" (Patatrac !) — " Chi ha fatto ciò? — Gli è
Tonio, credo — Chi scenderà pella gola del cami-
netto? — Io no! — Vuoi tu?- — No, neppur io! —
Tonio dovrà scendervi — Ohe, Tonio, il padrone
dice che devi scendere pella gola del caminetto ! "
" Bellino ! " disse Alice fra sé, " così questo
Tonio verrà dal caminetto ? Pare che quei signori
abbian posto ogni carico sulle spalle del povero
Tonio ! Non vorrei esser mica ne' suoi panni :
questo camino è molto angusto, non v' è dubbio ;
ma potrò tirarvi qualche calcio, credo!"
E ritirò il piede quanto più potè dal caminetto,
ed aspettò sino a che sentì un animaluccio (senza
DEL CONIGLIO.
61
che potesse indovinare
a che razza apparte-
nesse) che raschiava e
scendeva adagino lun-
ghesso il camino : "Gli
è Tonio," disse, e tirò
un bel calcio, poi at-
tese ciò che seguirebbe
dopo.
La prima cosa che
sentì fu un coro di
voci che diceva,
" Ecco Tonio che
vola ! " e poi la voce
sola del Coniglio che
gridava — " Pigliatelo,
voi altri che siete
vicino alla siepe ! "
e poi silenzio, e poi
una gran confusione di
voci— " Sostenetegli il
capo — Qua l'acquavite
52 LA CASETTINA
— Non lo soffocate — Come andò compare ? Che
cosa ti avvenne ? Su narraci tutto ! "
Finalmente s' udì una vocina debole e sibilante
(" È Tonio," pensò Alice), " Non saprei che dirvi —
Non più, grazie ; sto meglio — ma mi sento troppo
agitato per raccontarvelo — tutto quel che mi ram-
mento gli è qualche cosa che mi sbalestrò in aria,
ed io schizzai via come un razzo ! "
" Schizzasti via davvero poveretto ! " dissero
gli altri.
" Incendiamo la casa ! " sclamò il Coniglio, ma
Alice gridò subito con quanta voce aveva in gola,
" Se fate ciò, vi farò acchiappar tutti da Dina I "
Si fece subito un gran silenzio, e Alice disse
fra sé, " Vediamo, cosa faranno ora ! Se avesser
cervello, scoperchierebbero il tetto." Qualche istante
dopo cominciarono a muoversi di nuovo e senti il
Coniglio che diceva, " Basterà, una carrettata per
cominciare."
'* Una carrettata di che ? " disse Alice ; ma non
restò molto in dubbio, perchè subito una grandine
di sassolini cominciò a scoppiettare nella finestra,
DEL CONIGLIO. 53
ed alcuni la colpirono ìd faccia. " Bisogna finirla,"
pensò Alice, e gridò, " Fareste bene di non pro-
var vici un' altra volta ! " Queste parole produs-
sero un altro silenzio sepolcrale.
Alice osservò con un pò di stupore che i sassolini
si convertivano in pasticcini appena toccavano il
pavimento, e subito un idea le sfolgorò in mente.
" Proviamo a mangiare uno di questi pasticcini,"
disse, '* certo essi produrranno qualche mutamento
nella mia statura ; e siccome non potranno farmi
più grossa di quel che sono, m'impiccoliranno
forse."
E mangiò un pasticcino, e si rallegrò di vedersi
subito impiccolire. Appena che si sentì piccola
abbastanza per uscire dalla porta, scappò dalla casa,
e incontrò una folla di animalucci e d'uccelli che
aspettavano fuori. La povera Lucertola (era Tonio)
stava nel mezzo, sostenuta da due porcellini d'India,
che le davano qualche ristoro da una bottiglia.
Appena comparve Alice tutti le si avventarono
addosso ; ma la bimba si mise a correre sino a
che si ritrovò sana e salva in una foresta.
54 LA CASETTINA
" La prima cosa che dovrò fare," pensò Alice,
vagando nella foresta, " la è quella di ricrescere e
giunorere alla mia statura naturale : e la seconda
poi sarà di cercare il modo d' entrare in quel-
r ameno giardino. E questo, mi pare, il miglior
piano."
E davvero sembrava un piano eccellente, e ima-
ginato assai per benino ; ma la difficoltà stava in
ciò eh' ella non sapea da dove rifarsi per metterlo
ad effetto ; e mentre aguzzava X occhio fra gli
alberi della foresta, un piccolo latrato acuto al di
sopra di lei la fece guardare in su presto presto.
Un enorme cucciolo la squadrava con occhi
dilatati e rotondi, e allungando una zampa cercava
di toccarla. " Poverino ! " disse Alice con voee
carezzevole, e per allettarlo si provò a dirgli "te',
te' ! " ma tremava a verghe temendo che fosse affa-
mato, nel qual caso l'avrebbe probabilmente divo-
rata a dispetto di tutte le sue carezze.
!Non sapendo che fai'si, prese un ramuseello e
lo presentò al cagnolino ; questo saltò in aria come
un razzo, dando fuori un urlo di gioja, e s'avventò al
DEL CONIGLIO.
55
ramuscello come se lo volesse sbranare ; allora Alice
si mise cautamente dietro ad un cardo altissimo
per non esser da Ini rovesciata ; quando si affacciò
56 LA CASETTINA
all'altro lato, vide che il cagnolino s'era avventato
nuovamente al ramuscello, ed aveva fatto un capi-
tombolo nella furia d' afferrarlo ; ma siccome ad
Alice sembrava cbe era come scherzare con un
cavallo di vetturale, così per evitare d'esser
calpestata dalle zampe della bestia, fuggì di nuovo
dietro al cardo : allora il cagnolino cominciò una
serie di cariche verso il ramuscello, correndo ogni
volta al di là del segno, e correndo indietro
più di quel che gli conveniva, e sempre abba-
iando raucamente sino a che s'accoccolò a una
breve distanza, anelante, con la lingua penzoloni,
e con gli occhioni semichiusi.
Alice colse quell' occasione propizia per scappar
via, e fuggì, e corse tanto da perderne affatto il fiato,
e sino a che il latrare del cagnolino si perde nella
lontananza.
" Eppure che caro cucciolo era quello ! " disse
Alice, appoggiandosi a un ranuncolo e facendosi
vento con una delle sue foglie : "Oh quanto
avrei desiderato d'insegnargli dei giuocolini se — se
fossi stata d' una statura ade2m.ata I Oimè ! avevo
DEL CONIGLIO. 57
quasi dimenticato che mi convien crescere ancora !
Vediamo — come potrei fare "? Suppongo che dovrei
mangiare o bere qualche cosa ; ma quale cosa ? qui
sta il punto ! "
Davvero la gran quistione si aggirava su quale
cosa? Alice guardò tutt' intorno, i fiori, l'erba,
ma non trovò niente che le paresse adatto a man-
giare o bere per quelF occorrenza. C'era però un
grosso fungo vicino a lei, press' a poco alto quanto
lei, e dopo che l'ebbe osservato di sotto, ai lati, e
di dietro, le parve cosa naturale di vedere ciò
che v' era di sopra.
Si alzò sulla punta de' piedi, e affacciossi al-
l' orlo del fungo, ed ecco gli occhi suoi s'incon-
trarono con quelli di un grosso Bruco turchino
che se ne stava seduto nel mezzo con le braccia
conserte, fumando tranquillamente una lunga
pipa turca, non facendo la minima attenzione a
lei, ne ad alcun' altra cosa.
CAPITOLO V.
CONSIGLI d'un bruco.
Il Bruco ed Alice si guardarono in faccia per
qualche istante senza far motto ; finalmente il
Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce
lanofuida e sonnacchiosa.
CONSIGLI D UN BRUCO. 59
" Chi siete voi f " disse il Bruco.
Questa domanda non invitava troppo a una
conversazione. Alice rispose con un pò di timi-
dezza, " Davvero io — io non saprei dirlo ora — so
almeno chi ero quando mi levai questa mattina,
ma d'allora in poi temo essere stata scambiata
pili volte."
" Che cosa mi andate contando ? " disse il
Bruco con voce austera. " Spiegatevi meglio ! "
" Temo non potere spiegarmi," disse Alice,
"perchè non sono più me stessa, com'ella vede."
" Io non vedo," rispose il Bruco.
" Temo che non mi sarà dato di spiegarmi
più chiaramente," soggiunse Alice con modo assai
gentile, " perchè io non so capirla neppur io dopo
essere stata mutata di statura tante volte in un
giorno, ciò confonde davvero."
"Non è vero," disse il Bruco.
"Bene, forse non se n'è ancora accorto," disse
Alice, " ma quando ella sarà mutata in crisalide —
e ciò le accadrà un giorno, — e poi diverrà far-
falla, ciò le sembrerà un pò strano, non è vero 1"
F 2
60 CONSIGLI
" Niente affatto," rispose il Bruco.
"Eh! forse i suoi sentimenti saranno diversi
da' miei," replicò Alice ; " ma quanto a me mi
parrebbe molto strano/*
"A voi ! " disse il Bruco con disprezzo. "Chi
siete voi f "
E ciò li ricondusse da capo al principio della
conversazione. Alice si sentiva irritata alquanto
veggendo che il Bruco le rispondeva secco secco,
e s' impettorì come una matrona romana, e dissegli
gravemente, " Perchè non comincia lei, a dirmi
chi è ? "
" Perchè ? " disse il Bruco.
Era quella una domanda imbarazzante ; e
perchè Alice non sapeva trovare una buona ra-
gione, e n Bruco pareva di cattivo umore, si voltò
per andarsene.
" Venite qui ! " la richiamò il Bruco. " Ho
alcun che d'importante a dirvi."
Quelle parole promettevano qualche cosa : ed
Alice ritornò indietro.
"Non andate in collera," disse il Bruco.
D UN BRUCO. 61
" E questo è tutto ? " rispose Alice, inghiot-
tendo il suo dispetto.
"Nò," disse il Bruco.
Alice pensò che poteva aspettare, perchè non
aveva altro di meglio a fare, e perchè forse il
Bruco avrebbe potuto comunicarle alcun che d' im-
portante. Per qualche istante il Bruco pipò senza
dir nnlla, finalmente spiegò le braccia, staccò la
pipa di bocca, e disse, " E così voi credete di
essere stata tramutata ?"
" Signor mio, ho paura di sì," rispose Alice ;
"Non posso pili rammentarmi bene le cose come
una volta — e non posso conservare per dieci
minuti la stessa statura ! "
" Quali cose non potete rammentare ? " do-
mandò il Bruco.
" Ecco, cercai una volta di ripetere ' Rondinella
pellegrina,' e m' uscì dalle labbra tutto diverso ! "
soggiunse Alice assai mestamente.
" Ripetetemi ' Guglielmo, tu sei vecchio,' " disse
il Bruco.
Alice incrociò le mani sul petto, e cominciò : —
62
CONSIGLI
" Guglielmo ! tu sei vecchio,'' — gli disse il giovanetto,
" Son bianchi i tuoi capelli — e meriti rispetto;
Eppur col capo in terra — ti veggo camminare —
• Ma credi che convenga — a un vecchio un tale andare ì "
" Quandi ero giovanetto" — rispose il Vecchierello,
" Credea che questo giuoco — sbalzasse il mio cervello ;
Ma ormai che son persuaso — che in zucca non hon ulla.
Col capo in giii men vado — quando il cervel mi frulla."
D UN BRUCO.
63
" Guglielmo ! tu sei veccldo," — soggiunse il suo figliuolo,
" Sei grosso e grasso e tondo — che sembri un cedrinolo,
Uppur fai salti a ruota ! — oh dimmi a quale scuola
S' insegna a sfondar V uscio — con una capriola ? "
Rispose il buon Vecchino — " Kella mia giovinezza
Studiai di conservare — al corpo la sveltezza ;
Virtù di quesf unguento — un franco per vasetto.
Ne vuoi comprare un paj'o — garbato giovanetto ? "
M
CONSIGLI
" Guglielmo ! tu sei vecchio, — e fiacche hai le mascelle,
Ed ingollar potresti — brodose minestrelle,
Ed hai mangiato un' oca — con V ossa, e il becco intero?
Babbo, com' hai fatto ? — oh spiegami il mistero ! "
" Un d\ studiai le leggi" — il Babbo allor gli disse,
"Ed ebbi con mia moglie — sempi^e querele e risse.
Ciò détte alle ganasce — tal forza muscolare
Che ormai potrei con V oca — la moglie divorarci
D UN BRUCO.
65
" Cruglielmo ! tu sei vecchio " — riprese il giovanetto,
" La vista non ti regge — e sai, ti fa difetto ;
E porti in equilibrio — sul naso queir anguilla !
Oh qui la tua destrezza — davver si mostra e brilla ! "
"Risposi a tre domande — e ormaÀ ti può bastare;
Non rompermi le scatole, — non voglio più parlare;
Oh credi che mi piacciano — le sciocche tue questioni ì
Via, smetti, o per la scala — ti mando ruzzoloni ! "
66 CONSIGLI
"Non l'avete recitata bene," disse il Bruco.
"Temo di no," rispose timidamente Alice,
" certo alcune parole sono scambiate."
" Male dal principio alla fine," disse il Bruco
con accento risoluto, e successe un silenzio per
qualche minuto.
Il Bruco fu il primo a parlare.
"Di cbe statura vorreste essere?" domandò.
" Oh non vado tanto pel sottile in quanto alla
statura," rispose in fretta Alice ; " soltanto non
mi piace di mutar tanto spesso, sa."
"Non so niente," disse il Bruco.
Alice non fiatò : giammai la poverina era
stata tante volte contraddetta, e stava lì lì per
scoppiare.
" Siete contenta ora ? " domandò il Bruco.
"Nò, davvero, vorrei essere un jpocolino piìi
grande, se non le dispiacesse," rispose Alice : " si
figuri, ho una ben meschina statura, appena tre
pollici ! "
" L' è una. buona statura, cotesta ! " disse il
Bruco con voce dispettosa, rizzandosi come un
D UN BRUCO. 67
fuso mentre parlava (egli era alto tre pollici per
r appuntino).
"Ma io non ci sono abituata!" soggiunse Alice
con voce carezzevole e mesta, E poi pensò fra
se : " Vorrei che coteste creaturine non s' offen-
dessero così per nulla ! "
"Vi abituerete col tempo," disse il Bruco, e
rimettendosi la pipa in bocca, rincominciò a
pipare.
Questa volta Alice aspettò pazientemente che
egli stesso riappiccicasse il discorso. Passati due
o tre minuti, il Bruco levò la pipa di bocca,
sbadigliò un poco, e si scosse tutto. Poi discese
dal fungo, e andò strisciando nell' erba, dicendo
soltanto queste parole "Un lato vi farà crescere
di più, e l'altro vi farà diminuire."
" Un lato di che cosa ì L' altro lato di
che cosa ì " pensò Alice fra se.
" Del fungo," disse il Bruco, come se Alice
r avesse interrogato ad alta voce ; e subito
disparve.
Alice rimase pensierosa riguardando al fungo
68 CONSIGLI
e cercando di scoprire quali fossero i due lati di
esso ; e perchè era tondo come V di Giotto,
non sapea trovarli. Ciò non di meno allungò
quanto potea le braccia per circondare il fungo,
e ne ruppe due pezzettini all' orlo con ciascuna
delle sue mani.
"Ed ora, quale è l'uno e quale è l'altro?"
disse fra sé, e si mise a morsecchiare il pezzettino
che aveva alla destra, cosi per provarne 1' effetto,
quando si sentì in un attimo un colpo violento
sotto il mento ; aveva battuto sul piede !
Quel mutamento subitaneo la spaventò mol-
tissimo, ma non e' era tempo a perdere, perchè
spariva rapidamente ; così si mise subito a
morsecchiare l'altro pezzettino. Il suo mento
era talmente stretto al piede che a mala pena
potette aprir la bocca; finalmente riuscì a in-
ghiottire un bocconcello del pezzettino della mano
sinistra.
D UK BRUCO. 69
" Ah ! respiro finalmente, la mia testa è libera ! "
sclamò Alice con gioja, ma tosto la sua allegrezza
si mutò in terrore quando si accorse che non potea
più trovare le spalle : guardando in giìi non potè
vedere che un collo lungo, lungo che s'elevava
come uno stelo d' in mezzo a un campo di foglie
verdeggianti che stavano lungi, sotto a lei.
" Che cosa è mai quel campo verde ? " disse
Alice. " E dove sono andate le mie spalle ? Oh
tapina me! come va che non vi veggo più, o mie
povere mani ?" E andava movendole mentre
parlava, ma non sembrava che ne seguisse altro
che un piccolo movimento fra le verdi foglie in
lontananza.
Non sembrando possibile di portar le mani
al capo, cercò di piegare il capo verso le mani, e fu
contenta di vedere che il suo collo potea piegarsi e
dirigersi dovunque, come un serpente. Era riuscita
a curvarlo in giù in forma d'un grazioso zigzag,
e stava li lì per tuffarsi fra le foglie, quando si
accorse che erano le cime degli alberi sotto i
quali s' era smarrita. E sentì un gemito acuto
70 CONSIGLI
per cui si ritirò indietro in fretta : un grosso
colombo era volato verso di lei, e le sbatteva le
ali contro la faccia in modo furioso.
" Serpente ! " gridò il Colombo.
" Non sono un serpente, io ! " disse Aììcq,
adirata. " Va via ! "
" Serpente, dico ! " ripetè il Colombo, ma con
voce più dimessa, e soggiunse singhiozzando, " Ho
cercato tutt' i rimedii, ma nulla m' è giovato ! "
" Io non so di che cosa mai tu parli," disse
Alice.
"Ho provato le radici degli alberi, ho provato
i poggetti, ho provato le siepi," continuò il
Colombo senza badare a lei ; " ma i serpenti !
Oh non e' è modo di contentarli ! "
Alice era sempre più meravigliata e confusa,
ma pensò eh' era inutile parlare sino a che il
Colombo avesse finito.
"Come che fosse poca pena covar le uova,"
disse il Colombo, " mi abbisogna vegliare a causa
dei serpenti, e giorno e notte ! Son tre settimane
che non ho chiuso un occhio ! "
D UN BRUCO. 71
" Mi dispiace di vederti così angosciato ! " disse
Alice, la quale cominciava a capire il Colombo.
"E giusto quando avevo scelto l'albero più
elevato della foresta," continuò il Colombo con un
grido disperato, "e mi credea liberato finalmente
da loro, ecco clie mi piovono giù dal cielo ! Ili !
Serpentaccio ! "
" Ma io n07i sono un serpente, ripeto ! " rispose
Alice. " Io sono una Io sono una "
" Bene, chi sei tu 1 " disse il Colombo. " Vedo
bene che tu cerchi dei raggiri per ingannarmi ! "
" Io — Io sono una ragazzina," rispose Alice, ma
quasi dubitando di sé stessa, poiché si rammentava
r innumerevole serie di trasformazioni che avea
passate in quel giorno.
"Bella storiella!" disse il Colombo con voce
di profondo disprezzo. " Ho veduto molte ragazzine
in mia vita, ma ninna con un collo simile. No,
no ! Tu sei un serpente ; e non serve negarlo.
Scommetto che mi dirai che non hai mai gustato
un uovo ! "
" Ma sì che ho gustato deUe uova," soggiunse
72 CONSIGLI
Alice, la quale era una bambina assai veridica ;
"sai pure cbe le ragazzine mangiano quanto i
serpenti 1 "
" Non ci credo," disse il Colombo ; " ma se
pure è così, esse sono una razza di serpenti, ecco
quello che potrei dire."
Questa idea era cosi nuova per Alice, che restò
muta qualche minuto ; il Colombo ne profittò
per soggiungere, "Tu vai occhiando le uova, lo
comprendo ; oh che importa a me che tu sia una
fanciulla o un serpente ? "
" Ma importa moltissimo a me" rispose subito
Alice ; " pure ora non vado cercando uova ; e
quando anche ne cercassi non vorrei delle tue ;
crude non mi piacciono."
" Via dunque da me ! " disse brontolando il
Colombo, e si accovacciò nel nido. Alice s'appiat-
tò il meglio che potea fra gli alberi, perchè il
suo collo s' intralciava fra i rami, e spesso dovea
fermarsi per sbrogliarsene. Dopo qualche istante
si rammentò che avea tuttavia nelle mani i due
pezzettini di fungo, e si mise all' opera con molta,
D UN BRUCO. 7?
avvedutezza morsecchiando or l' uno or l' altro, e
cosi ora cresceva ed or diminuiva, sinché riuscì a
riavere la sua statura naturale.
Era tanto tempo che non avea più avuto la sua
statura naturale, che da prima le parve strano, ma
vi si abituò in pochi minuti, e rincominciò a par-
lare fra sé secondo il solito. " Ecco, sono a metà
del mio piano ! Sono pure strane tutte queste
trasformazioni ! Non son mai certa di che ad di-
venterò da un minuto all' altro ! Ad ogni modo
sono tornata alla mia giusta statura : ora bisogne-
rebbe pensare al modo di penetrare nell'ameno
giardino — come potrò farlo, pagherei saperlo ! "
E cosi dicendo, giunse senza avvedersene a una
piazza che avea nel mezzo una casettina alta
quattro piedi circa. " Chiunque sia che vi abiti,"
pensò Alice, " non converrebbe mai con questa mia
statura andare a visitarli così all' improvviso ; farei
loro una paura terribile ! " E rincominciò a mor-
secchiare il pezzettino che aveva alla man destra,
e non osò di avvicinarsi alla casa, se non quando si
rimpiccolì tanto che avea nove pollici di altezza.
G
CAPITOLO VI.
PORCO E PEPE.
Per qualche istante si mise a guardar la
casa, e non sapea che fare, quando ecco un servo
in livrea venne frettolosamente dalla foresta — (lo
prese per un servitore perchè era in livrea, altri-
menti al viso r avrebbe creduto un pesce), — e
picchiò furiosamente all' uscio colle nocche. La
porta fu spalancata da un altro servitore in livrea,
con una faccia rotonda e occhi grossi come un
ranocchio ; ed Alice osservò che entrambi aveano
in testa parrucche incipriate ed inanellate. Tutto
questo le eccitò la curiosità, e uscì un poco dalla
foresta e si mise ad orisliare.
PORCO E PEPE.
Il Pesce-Servo cavò di sotto il braccio im letto-
rone, grande quasi quanto lui, e lo presentò all' al-
tro, dicendo con voce solenne, " Per la Duchesf-a.
Un invito della Regina per giuocare una partita
di croquet." Il Ranocchio-Servo rijspose con lo
stesso tuono di voce, ma invertendo 1' ordine delle
g2
76 PORCO E PEPE.
parole, " Da parte della Eegina. Un invito alla
Duchessa per giuocare una partita di croquet."
Ed entrambi s'inchinarono sino a terra, e le
ciocche de' loro capelli s' imbrogliarono insieme.
Alice proruppe in una grossa risata, e dovette
internarsi nella foresta per paura di esser sentita ;
e quando poi tornò ad occhiare, il Pesce-Servo era
andato via, e V altro sedeva a terra press' all' uscio,
stralunando stupidamente gli occhi verso il cielo.
Alice si avvicinò timidamente alla porta e
picchiò.
" Non giova punto picchiare," disse il Servo,
'■' e ciò per due ragioni. La prima perchè io
sto allo stesso lato dell' uscio dov' ella sta ; la
seconda perchè di dentro stanno facendo un tale
strepito che ninno potrebbe sentirla." E davvero
si sentiva un gran rumore nel di dentro — un
guaire e uno starnutire non mai interrotti, e di
tempo in tempo un gran fracasso, come se un
piatto o una caldaia andasse a pezzi.
" Di grazia," domandò Alice, " che dovrei fare
per entrare ? "
PORCO E PEPE. 77
" II SUO picchiare riuscirebbe a qualche effetto,"
continuò il Servo senza badare a lei, "se la porta
fosse fra noi due. Per esempio se lei fosse dentro,
potrebbe picchiare, ed io la farei uscire, capisce."
E continuava a guardare il cielo mentre parlava ;
e ciò pareva proprio scortese ad Alice. " Ma
forse non può farne a meno," disse fra se ;
" ha oli occhi incastrati sul cranio ! Potrebbe
però rispondere a qualche domanda — Come
potrei fare per entrar dentro ? " disse Alice a
voce alta.
" Io siedei'ò qui," osservò il Servo, " sino a
domani "
In queir istante V uscio della casa si aprì, e
un gran piatto volò verso la testa del Servo, e
gli sfiorò il naso, poi andò a sfracellarsi contro a
un albero eh' era dietro a lui.
" o sino a dopo domani, forse," continuò
il Sex'vo con la stessa imperturbabilità, come se
nulla fosse accaduto.
"Come potrei fare per entrar dentro ? " gridò
di nuovo Alice, ma con voce più forte.
78 PORCO E PEPE.
" Dovrà ella entrare 1 " rispose il Servo. " La
è questa la quistione principale."
E avea ragione ; soltanto Alice non volea che
1«; fosse fatta quella domanda. " È orribile," mor-
morò fra sé, "il modo con cui arguiscono coteste
bestie. Mi farebbero impazzare ! "
Il Servo colse quella propizia opportunità per
ripetere Y osservazione con qualche variante : " Io
siederò qui, su per giù, per giorni e giorni."
" Ma che cosa debbo io fare ? " domandò
Alice.
" Quel che vuole," rispose il Servo, e si mise
a zufolare.
" E inutile di parlar con lui," disse Alice,
tutta disperata : " è un idiota spaccato ! " E aprì
r uscio ed entrò.
QueU' uscio menava diritto a una cucina
spaziosa, da un capo all' altro tutta ripiena di
fumo : la Duchessa sedeva nel mezzo sopra uno
sgabello a tre piedi, e ninnava un bambino ; la
cuoca era in faccia al fornello, mestando un
(calderone che parca pieno di minestra.
PORCO E PEPE.
79
^y-.v^/J
" Certo e' è troppo pepe in quella minestra ! "
disse Alice a se stessa, non potendo rattenere gli
starnuti.
Ma davvero e era troppo pepe nelF aria.
Anche la Duchessa starnutiva qualche volta ; e
quanto al bimbo non faceva nitro che starnutire
e strillava a vicenda senza posa. I soli due
esseri che non starnutivano nella cucina, erano
la Cuoca, e un grosso gatto che stava accoccolato
80 PORCO E PEPE.
presso il focolare e ghignando con la bocca, da
un orecchio all' altro.
" Mi dica, di grazia," domandò Alice, un po'
timidamente, perchè non era certa se fosse buona
creanza di cominciare a parlare, " perchè il suo
gatto ghigna così ? "
" È un Ghignagatto," rispose la Duchessa,
"ecco il perchè. Porco!"
Ella pronunziò T ultima parola con una tale
furia che Alice trasali ; ma subito s' accorse che
(juel titolo era dato al bambino e non già a
lei, cosi si rianimò, e continuò a dire : —
" Non sapea che i gatti ghignassero a quel
modo : anzi non sapea neppure che i gatti potes-
sero ghignare."
" Tutti lo possono," rispose la Duchessa ; " e
la maggior parte ghignano."
" Non ne conosco alcuno che faccia il
ghigno," replicò Alice con molto rispetto, e
contenta eh' era entrata in conversazione.
" Voi non sapete molto," disse la Duchessa ;
*' e questo è quanto ! "
PORCO E PEPE. ?1
Non piacque punto ad Alice quella risposta
secca, e pensò di mutar discorso. Mentre cercava
un argomento, la cuoca tolse il calderone della
minestra dal fuoco, e tosto si mise a gittar
tutto ciò che le stava vicino contro alla Duchessa
ed al bambino — pria volarono le molle e la
paletta ; poi un nembo di casseruole, di piatti
e di tondi. La Duchessa non se ne dette per
intesa nemmeno quando era colpita ; e il bimbo
guaiva di già tanto forte che non si poteva
sapere se i colpi gli facessero male o no.
" Ma faccia attenzione a quel che fa ! "
gridò Alice, saltando qua e là tutta spaventata.
" Addio naso \" continuò a dire, mentre una grossa
casseruola volò vicino al naso del mimmo, e poco
mancò che non gielo portasse via.
" Se ognuno badasse alle proprie faccende,"
sclamò la Duchessa con voce rauca, " il mondo
girerebbe piìi presto di quello che noi fa ora,"
" Ciò non sarebbe un bene," disse Alice, lieta
di poter far pompa della sua erudizione. " Pensi
che confusione farebbe del giorno e della notte !
82 PORCO E PEPE.
Ella sa che la terra impiega ventiquattro ore
per girare intorno al suo asse "
"A proposito di asce!" gridò la Duchessa,
" tagliatele il capo ! "
Alice guardò con ansietà la cuoca per vedere
se ella ubbidisse al cenno ; ma la cuoca era
occupata a dimenare la minestra, e non parca
che avesse ascoltato, perciò andò innanzi dicendo :
" Ventiquattr' ore, credo ; o dodici ? Io- "
" Oh non mi seccate," disse la Duchessa ; " Non
ho mai potuto sopportare le cifre !" E rin-
cominciò a cullare il bimbo, cantando una certa
Ninna-Nanna, e dandogli una violenta scossa alla
fine d' OOTii strofa : —
" Parla duro al tuo bambino,
Dagli bòtte se starnuta;
Ei guaisce il m/ilandrino
Perchè il pepe mio ri/luta !
Ei ci annoia co' suoi lai ! "
(Coro al quale si uniscono la Cuoca e il bimbo) : —
"Guai! Guai! Guai! Guai!"
PORCO E PEPE. ®3
Mentre la Duchessa cantava la seconda strofa,
faceva saltare il bimbo su e giìl con molta vio-
lenza, e il poverino guaiva tanto che Alice
appena potette udire le parole della poesia : —
"Parlo duro al mio hambino,
Lo sculaccio se starnuta,
■ Perchè il pepe, il malandrino,
Quando ei vuol, non lo rifiuta.
Ei ci annoia co' suoi lai ! "
Coro.
" Giiai ! Guai ! Guai ! Guai ! "
" Tenete I voi ve lo potrete ninnare un
poco se v' aggrada ! " disse la Duchessa ad
Alice, buttandole il bimbo in braccio. " Bisogna
eh' io vada a prepararmi per giuocare una par-
tita a croquet con la Kegina," e scappò via.
La cuoca le scaraventò addosso una padella, e
per poco non la colse.
Alice afferrò il bimbo ma con qualche diffi-
coltà, perchè la era una creaturina molto strana ;
e le sue mani e i suoi piedi guizzavano verso
tutt' i lati, "proprio come quell' animaletto
84 PORCO E PEPE.
marino clie si chiama stella," pensò Alice. 11
poverino, quando Alice lo prese, stronfiava come
una macchina a vapore, e continuava a con-
torcersi e a stiracchiarsi, di tal che ella ebbe la
maggior pena del mondo per tenerlo.
Quando la fanciulla trovò la maniera di
ninnarlo a modo (e ciò consisteva nell' averlo
aggruppato bene come un nodo, e afferrato al-
l'orecchio destro e al piede sinistro, per non per-
mettergli di sciogliersi) lo portò all' aria aperta.
" Se non porto via questo bambino meco,"
osservò Alice, è certo che qualche giorno l' am-
mazzeranno ; non sarei colpevole d' un assassinio
se lo abbandonassi ? " Ella pronunziò le ultime
parole a voce alta, e il poverino si mise a
grugnire per risponderle (non starnutiva più
allora). " Non grugnire," disse Alice, " non sta
bene esprimersi a quel modo."
Il bimbo grugnì di nuovo, e Alice lo guardò
con molta ansietà per vedere che avesse. Aveva
un naso che s' arricciava troppo, e non e' era
dubbio che rassomigliava più a un grugno che a
PORCO E PEPE.
85
un naso naturale ; e poi gli occhi s' impiccolivano
tanto che non pareano occhi di bambino : tutto
insieme quel!' aspetto non piaceva ad Alice punto,
punto. " Forse sin-
ghiozzava," pensò
ella, e riguardò di
nuovo a' suoi occhi
per vedere se vi
fossero lagrime,.
Ma non ce n' e-
rano. " Carino mio,
se tu ti trasformi
in porcellino," disse
Alice seriamente,
" non voglio aver piìi
nulla a fare con te.
Bada a te dunque ! " 11 poverino si rimise a
singhiozzare (forse grugniva, ma era difficile il di-
stinguere), e andarono innanzi silenziosamente per
qualche tempo.
Alice aveva appena cominciato a riflettere,
" Che cosa ho da fare di questa creatura quando
-J;ii:^:^^:f^- ^
86 PORCO E PEPE.
la porterò a casa ? " allorché grugnì di nuovo, e
tanto forte, che tutta spaventata si mise a
riguardarla in faccia. Questa volta noìi e' era
più dubbio ; era un porcellino beli' e buono,
ed essa fu persuasa che non e' era più ragione
di portarlo oltre.
Cosi depose quella creaturina a terra, e si sentì
sollevata quando la vide trottare via quietamente
verso la foresta. " Se fosse cresciuto," disse fra se,
" sarebbe stato un bruttissimo ragazzo ; ma diven-
terà un bellissimo porco, credo." E riandò con la
memoria a certi fanciulli che conosceva, i quali
potrebbero essere buonissimi . porcellini, e stava
per dire, " se uno conoscesse il vero modo di
mutarli " quando trasaltò un poco di paura
reggendo il Ghignagatto, accoccolato sopra un
ramo d' albero, a pochi metri di distanza.
Il Gatto fece soltanto un ghigno quando vide
Alice. Sembra di buon umore, pensò ; ciò non
di meno ha le unghie troppo lunghe, ed ha
troppi denti, perciò bisognerà trattarlo con
molta deferenza.
PORCO E PEPE. 87
" Ghignamicio," cominciò a dire con un poco
di timidità, perchè non sapeva se gli piacesse
quel titolo ; ciò non di meno egli non fece altro
che ghignare piìi apertamente. " Via, ci ha pia-
cere," pensò Alice, e continuò, *' Vorresti dirmi,
quale via dovrei infilare da qui ? "
" Ciò dipende molto dal luogo dove vorresti
andare," rispose il Gatto.
" Poco importa dove " disse Alice.
"Allora poco importa di sapere quale via
dovresti prendere," soggiunse il Gatto.
'* purché giunga a qualche luogo,"
riprese Alice, come se volesse spiegarsi meglio.
" Oh certo, vi giungerai ! " disse il Gatto,
"sai il proverbio italiano, 'tanto cammina sino
che arriva.' "
Alice sentì che quel proverbio non poteva
essere contraddetto, e tentò un altra domanda.
" Che razza di gente abita in questi dintorni ? "
"Di là," rispose il Gatto, girando la
zampa destra, " abita un Cappellaio ; e di qua,"
indicando con l' altra zampa, " abita una Lepre-
88 PORCO E PEPE.
marzolina. Visita chi vuoi de' due : sono
entrambi matti."
"Ma non mi piace cV andare dai matti,"
osservò Alice.
"Oh, non e' è modo d'uscirne," disse il
Gatto : " qui siam tutti matti. Io son matto.
Tu sei matta,"
" Come sai eh' io sono matta ? " domandò
Alice.
" Tu devi esserla," disse il Gatto, " altri-
menti non saresti venuta qui."
Non parve una ragione sufficiente ad Alice,
ma pure continuò : "oh come sai che tu sei
matto ? "
" Per cominciare," disse il Gatto, " un cane
non è matto. Ne convieni ? "
" Lo suppongo," rispose Alice.
"Bene," continuò il Gatto, " un cane brontola
quando è arrabbiato, ed agita la coda quando
è contento. Ora io brontolo quando son con-
tento, ed agito la coda quando sono arrabbiato.
Dunque son matto."
PORCO E PEPE.
89
" To direi far le fusa,
'' e non già brontolare," disse
Alice.
^' come VUOI, n-
v/^^.- prese il Gatto. " Vai tu
i^^-- quest' oggi dalla Eegina,
1%' ^ giuocare a croquet?"
" -^ " Lo desidererei tanto,"
rispose Alice, "ma non
sono stata ancora in-
vitata."
]\Ji vedrai da lei," disse il Gatto, e sparì.
H
90 PORCO E PEPE.
Alice non fu sorpresa da tutto questo : si
era di già abituata a veder cose strane. Mentre
guardava ancora al ramo dov'era stato il Gatto,
eccotelo ricomparire di nuovo.
"A proposito, che n'è del bimbo?" disse il
Gatto. "Avea dimenticato di domandartene."
" Si mutò in porcellino," rispose Alice senza
scomporsi, come che il Gatto fosse riapparito in
modo naturale.
" Me l'ero immaginato," disse il Gatto, e sparì
di nuovo.
Alice aspettò un poco, mezzo persuasa che
riapparisse nuovamente, ma non ricomparve, e
pochi istanti dopo si diresse alla via dove abitava
la Lepre-marzolina, " Di cappellai ne ho veduti
tanti," disse fra se : " sarà piìi interessante per
me la Lepre-marzolina, e come siamo a Maggio
non sarà poi tanto matta da legare — almeno meno
matta di quel che l'era nel Marzo." Mentre
diceva queste parole, riguardò in alto, ed eccoti
di nuovo il Gatto, accoccolato sul ramo d' un
albero.
FORCO E PEPE.
9]
" Dicesti porcellino o porcellana ? " domandò
il Gatto.
" Dissi porcellino," rispose Alice ; " ma ti
prego di non apparire e disparire come un
lampo : mi fai girare il capo ! "
" Sta bene," disse il Gatto ; e questa volta
sparì lentamente ; cominciò con la punta della
coda, e finì col suo ghigno, e questo restò come
una visione sul ramo dopo che tutto era sparito.
" Oh bella ! Ho veduto spesso un gatto senza
ghigno," osservò Alice, " ma un ghigno senza
H 2
92 PORCO E PEPE.
gatto ! E la cosa più curiosa eli' io abbia
mai veduta in tutta la mia vita ! "
Non si era dilungata di molto quando si
trovò in faccia alla dimora della Lepre-marzolina :
pensò che quella fosse proprio la casa, perchè le
gole dei camini aveano la forma di orecchie, e
il tetto era coperto di pelo. La casa era tanto
grande che ella non osò di avvicinarvisi se non
dopo aver morsecchiato un poco del fungo che
avea nella mano sinistra, e crebbe quasi due
piedi di altezza : ciò non la liberò dall' ansietà,
e mentre si avvicinava timidamente alla porta,
diceva fra se, " E se poi fosse matto furioso !
Quasi quasi vorrei essere andata a trovare il
Cappellaio ! "
CAPITOLO VII.
UN TE DI MATTI.
Sotto un albero in faccia alla casa e era una
tavola apparecchiata, e vi prendevano il tè la
Lepre-marzolina e il Cappellaio : un Gliiro che
dormiva profondamente stava fra loro, ed essi
se ne servivano come se fosse un guanciale,
appoggiando i gomiti su lui e discorrendo sopra
il suo capo. " Che disturbo pel Ghiro," pensò
Alice, "ma siccome dorme, m'immagino che non
ci farà attenzione."
La tavola era spaziosa, pure i tre stavano
aggruppati insieme a un angolo : " Non e' è
posto I Non e' è posto ! " gridarono, quando
videro che Alice si avvicinava. " C è molto
94 TN TÈ DI MATTI.
posto ! " disse Alice, sdegnosa, e si mise a sedere
in un comodissimo seggiolone che stava ad una
delle estremità della tavola.
" Vuole del vino ? " disse la Lepre-marzolina
con modo attraente.
Alice guardò sulla tavola, e vide che non c'era
altro che tè. " Non vedo vino," osservò essa.
" Non ce n' è punto," replicò la Lepre-mar-
zolina.
"Ma allora non è cortese, invitandomi a bere
quel che non ha," disse Alice sdegnosamente.
" Come non fu punto civile da parte sua di
sedersi qui senz' essere invitata," osservò la
Lepre-marzolina.
"Non sapea che la tavola appartenesse a
lei," rispose Alice, " è apparecchiata per più
di tre."
" Dovrebbe farsi tagliare i capelli," disse il
Cappellaio. Egli aveva osservato Alice per
qualche istante, e con molta curiosità, e furon
quelle le prime parole che profferì.
" Ella non dovrebbe fare osservazioni che
UN TÈ DI MATTI.
95
sanno di personalità," disse Alice un po' severa :
"ciò è molto sconvenevole."
Il Cappellaio spalancò enormemente gli occhi
udendo quelle parole ; ma disse soltanto,
" Perchè un corvo è simile a un coccodrillo ì "
" Via ! Ora si che ci divertiremo ! " pensò
Alice. " Sono contenta che hanno cominciato
a proporre degl' indovinelli — credo di j)<^tere
indovinarlo," soggiunse ad alta voce.
9H UN TE DI MATTI.
" Intende dire che potrà trovare la risposta ? "
domandò la Lepre-marzolina.
" Sicuramente," rispose Alice.
" Ebbene dica quel che intende," disse la
Lepre-marzolin a.
" Ecco," riprese Alice, in fretta ; " almeno —
almeno intendo quel che dico-^e ciò vale lo
stesso, capite."
" Niente affatto lo stesso ! " disse il Cappel-
laio. Sarebbe come dire, " ' Veggo quel che man-
gio ' è lo stesso di ' Mangio quel che veggo ? ' "
" Sarebbe come dire," soggiunse la Lepre-
marzolina. " ' Mi piace ciò che prendo,' è lo
stesso che ' Prendo quel che mi piace ? ' "
" Sarebbe come dire," aggiunse il Ghiro che
parca parlasse nel sonno, "'respiro quando dormo'
è lo stesso che ' dormo quando respiro ? ' "
" E lo stesso per voi," disse il Cappellaio, e
(j^uì la conversazione cadde, e tutti sedettero
muti per poco tempo, mentre Alice cercò di
ricordarsi tutto quel che sapea su' corvi e su'
coccodrilli, ma non era molto.
UN TÈ DI MATTI. 97
11 Cappellaio fu il primo a rompere il
silenzio. " Che oriorno del mese abbiamo ? "
o
disse, volgendosi ad Alice, mentre prendeva
Y oriuolo dal taseliino, e lo guardava con un
certo turbamento, scuotendolo di tempo in tempo,
e appoggiandolo all' orecchio.
Alice pensò un poco, e rispose, " Li quattro
del mese."
" Ritarda di due giorni ! " osservò sospirando
il Cappellaio. "Te lo dissi che il burro non
avrebbe giovato al movimento ! " soggiunse, guar-
dando rabbiosamente la Lepre-marzolina.
"Era del miglior burro," rispose sommessa-
mente la Lepre-marzolina.
" Sì, ma devono esserci entrate anche delle
miche di pane," borbottò il Cappellaio : " non
dovevi metterlo dentro col coltello del pane."
La Lepre-marzolina prese V oriuolo e lo guardò
mestamente : poi lo tuffò nella sua tazza di tè
e lo guardò di nuovo : ma non potette far altro
che ripetere V osservazione fatta pur dianzi : " Era
del miglior burro che si potesse avere, sapete."
98 UN TÈ DI MATTI.
Alice intanto lo guardava, con un poco di
curiosità, di sopra le spalle, e disse, *' Che curioso
oriuolo ! Indica i giorni del mese, e non già le
ore del giorno I "
" Perchè no ? " sclamò il Cappellaio. " Che forse
il suo oriuolo le dice in che anno viviamo ì "
" No davvero," si affrettò a rispondere
Alice, " perchè l' oriuolo segna lo stesso anno
per molto tempo."
" Ciò che appunto accade al mio," rispose il
Cappellaio.
Alice provò un momento di grave imba-
razzo. Le parca che V osservazione del Cappellaio
non avesse senso di sorta, eppure parlava cor-
rettamente. " Non la comprendo bene," disse
con molta delicatezza.
"Il Ghiro è tornato a dormire," disse il
Cappellaio, e gli versò un poco di tè scottante
sul naso.
Il Ghiro scosse il capo con un moto
d* impazienza, e senza aprir gli occhi, disse, " Già !
Già! Appunto quello che stavo per dire."
UN TÈ DI MATTI. 99
" Ha ancora indovinato l' indovinello ? " disse
il Cappellaio, rivolgendosi ad Alice.
"Mi dò per vinta," rispose Alice: "Quale è
la risposta ? "
" Non ne ho la minima idea," rispose il Cap-
pellaio.
" Neppure io," disse la TiCpre-marzolina.
Alice sospirò dalla noia e disse : " Ma credo
che sarebbe bene di passar meglio il tempo, che
perderne, proponendo indovinelli che non hanno
senso."
" Se lei conoscesse il Tempo come lo conosco
io," rispose il Cappellaio, "non direbbe che noi ne
perdiamo. Non si tratta di me, ma di lui."
" Non so che ella si dica," osservò Alice.
" Sicuro, noi sa ! " disse il Cappellaio,
scuotendo il capo con un' aria di disprezzo.
" Scommetto che lei non ha mai parlato col
tempo ! "
" Forse no," rispose prudentemente Alice ;
" ma so che debbo battere il tempo quando im-
paro la musica."
100 UN TÈ DI MATTI.
" Ah ! e questo spiega tutto," disse il Cap-
pellaio. "Ei non vuol essere battuto. Se lei non
si bisticciasse con lui, egli farebbe dell' oriuolo ciò
che ella vuole. Per esempio, supponga che sieno
le nove della mattina, eh' è 1' ora per le lezioni :
basterebbe ch'ella bisbigliasse una parolina al
Tempo, e subito girerebbe la lancetta ! Il tocco
e mezzo, 1' ora del desinare ! "
(" Vorrei che fosse," bisbigliò la Lepre-mar-
zolina.)
" Sarebbe magnifica, davvero, " disse Alice, pen-
sierosa: "ma non avrei fame a quell' ora, capisce."
" Da principio forse, nò, " riprese il Cappellaio :
" ma lei potrebbe fermarlo sul tocco e mezzo,
quando vorrebbe."
"Ed ella fa così?" domandò Alice.
11 Cappellaio scosse la testa mestamente e
rispose. "Io no ! Ci siamo bisticciati nello
scorso marzo proprio quando egli divenne
matto " (ed indicò col cucchiaino la Lepre-
marzolina), " già, fu al gran concerto dato
dalla Regina di Cuori: — ivi dovetti cantare:
VN TÈ DI MATTI.
101
.^^■^^^ >3^-^^&=---"-'^- ""^-
' Tu che al del spiegasti V ale
mia testa Soppressala!' "
"Conosce lei quest' aria?"
"Ho sentito qualche cosa che le rassomiglia,"
rispose Alice.
" La va di questo verso," continuò il Cap-
pellaio : —
" Ti rivolgi a me, fettata,
Teco il pane aggiungerò !'"
Giunto qui, il Ghiro si dette una scossetta, e
102 UN TÈ DI MATTI.
cominciò a cantare in mezzo al sonno " Teco il
pane; teco il pane aggiungerò " e via, via
andò innanzi, sino a che gli si dovettero dare de'
pizzicotti per farlo tacere.
" Ebbene, aveva appena finito di cantare la
prima quartina," disse il Cappellaio, "che la
Regina proruppe furiosa, *Egli sta assassinando il
tempo ! Tagliategli il capo ! ' "
" Terribilmente feroce I " sclamò Alice.
"D'allora in poi," continuò mestamente il
Cappellaio, " non ha voluto più far quel che io
gli chiedo ! Segna sempre le sei."
Un' idea luminosa colpì Alice, e domandò :
" E questa forse la ragione per cui vi sono tante
tazze apparecchiate ? "
"Proprio così," rispose il Cappellaio, con un
sospiro : "è sempre 1' ora del tè, e non abbiamo
mai tempo di risciaquare le tazze."
" E così, andate girando sempre intorno, nei
frattempi?" disse Alice.
" Proprio così," replicò il Cappellaio : " a
misura che le tazze hanno servito.'
UN TÈ DI MATTI.
103
"Ma come fate quando venite a ricominciare
da capo V Alice ardì domandare.
" Se mutassimo il discorso," disse, sbadigli-
ando, la Lepre-marzolina. " Cotesto costi mi secca
mortalmente. Vorrei che la Signorina ci rac-
contasse una storiella."
"Temo di non saper contarne alcuna," rispose
Alice un poco intimorita.
" Allora il Ghiro ce ne dirà una ! " gridarono
entrambi. " Eisvegliati, Ghiro !" E lo punzec-
chiarono da' due lati.
Il Ghiro aprì lentamente gli occhi, e disse con
voce debole e rauca, " Non dormiva, io ! Non m' è
scappata neppure una parola di quello che dicevate."
" Raccontaci una novella ! " disse la Lepre -
marzolina.
" Di grazia, ce ne dica una ! " supplicò Alice.
" E fa' presto," soggiunse il Cappellaio, " se
no ti raddormenterai prima di finirla."
" C erano una volta tre sorelle," cominciò in
gran fretta il Ghiro, " e si chiamavano Elee, Clelia
e Tilla ; e dimoravano nel fondo d' un pozzo "
104 UN TÈ DI MATTI.
" Che cosa mangiavano ? " domandò Alice, la
quale prendeva sempre un vivo interesse nelle
quistioni di mangiare e bere.
" Mangiavano melazzo," rispose il Ghiro, dopo
d' averci pensato su qualche istante.
" Ma non lo potevano," osservò Alice, con
garbo; "sarebbero cadute ammalate."
" Lo erano, di fatto," rispose il Ghiro, " molto
ammalate."
Alice cercò di figurarsi quella strana maniera
di vivere, ma ne restò confusa, e continuò :
"Ma perchè vivevano nel fondo d'un pozzo?"
" Prenda un po' più di tè," disse la Lepre-
marzolina, con molta premura.
" Non ho preso ancora nulla," rispose Alice,
tutta offesa, " così non posso prenderne di
più."
" Vuol dire che non ne può prender meno,"
disse il Cappellaio : "è molto più facile prendere
più che nulla."
" Niuno ha domandato il suo parere," soggiunse
Alice. V
UN TÈ DI MATTI. 105
" Chi è che fa ora delle questioni personali ? '*
domandò il Cappellaio con aria di trionfo.
Alice non seppe bene che rispondere, ma prese
una tazza di tè con pane e burro, e rivolgendosi
al Ghiro, gli domandò di nuovo : " Perchè vive-
vano nel fondo del pozzo ? "
Il G biro si mise a riflettere un poco, e ri-
spose, " Era un pozzo di m elazzo."
" Ma non s' è udito mai una cosa simile I "
interruppe Alice con voce sdegnosa ; ma la Lepre-
marzolina e il Cappellaio vociarono " St ! st ! " e
il Ghiro continuò con voce burbera, " Se non
ha creanza, finisca la novelletta da sé."
" Nò, la prego di continuare ! " disse Alice
molto umilmente : " Non la interromperò più.
Forse ce ne sarà uno di quei pozzi."
" Uno, eh via ! " rispose il Ghiro sdegno-
samente. Ciò non di meno, pregato, con-
tinuò : "E quelle tre sorelle — imparavano a
trarne "
" Che cosa traevano ? " domandò Alice, dimen-
ticando che avea promesso di zittire.
I
106 UN TÈ DI MATTI.
" Del melazzo," rispose il Ghiro, senza riflettere
punto questa volta.
" Ho bisogno d' una tazza pulita," interruppe
il Cappellaio ; " avanziamo tutti d' un posto
avanti ! "
E mentre parlava, si mosse, e il Ghiro lo
segui : la Lepre-marzolina occupò il postò del
Ghiro, e Alice prese, contro voglia, il posto della
Lepre- marzolina. Il solo Cappellaio profittò di
quel mutamento : e Alice si trovò peggio di
prima, perchè la Lepre-marzolina avea rovesciato
il bricco del latte nel suo tondo.
Alice non voleva offender di nuovo il Ghiro,
e disse con molta delicatezza : " Non capisco bene.
Da dove traevano il melazzo ? "
" Ella sa trarre l'acqua dal pozzo d'acqua, non
è vero ? " disse il Cappellaio ; " ebbene si piiò
cosi trarre melazzo da un pozzo di melazzo — eh !
stupidina ! "
Questa risposta accrebbe talmente la con-
fusione d' Alice, che ella permise al Ghiro di
continuare, senza interromperlo jìiù.
UN TÈ 1)1 MATTI. 1""
" Imparavano a trarre," continuò il Ghiro, sl)a-
digliando e stropicciandosi gli occhi, perchè moriva
di sonno ; "e traevano cose d' ogni genere
tutto quel che comincia con una T "
" Perchè con una T ? " domandò Alice.
" Perchè no ? " gridò la Lepre-marzolina.
Alice zittì.
Il Ghiro intanto avea chiusi gli occhi, e co-
minciava un sonnellino ; ma punzecchiato dal
Cappellaio, si risvegliò con un gemito, e con-
tinuò : " che comincia con una T, come
una Trappola, un Topo, una Topaja, un Tropjìo
— già, ella dice ' il troppo stroppia ' — oh, non ha
mai veduto il ritratto d' un ' troppo stroppia ' ? "
" Veramente, ora che lei mi domanda," disse
Alice, molto confusa, " non so "
" Allora non parli," disse il Cappellaio.
Questa sgarbatezza urtò la sensiìjilità di
Alice : si alzò assai sdegnata e usci fuori ; il
Ghiro si addormentò in un attimo e ninno degli
altri due notò che Alice era uscita, bench ella si
fosse rivoltata indietro una o due volte, con una
I 2
108
UN TÈ DI MA.TTI.
mezza speranza che la ricliiamassero : però l' ul-
tima volta vide che le due birbe cercavano di
tuffare il Ghiro nel vaso da tè.
" Mai più ci tornerò," disse Alice internandosi
nella foresta. " E la più stupida società in mezzo
a cui io mi sia trovata ! "
Mentre parlava così, osservò che un albero
aveva un uscio pel quale s'entrava proprio dentro.
" Oh ciò è molto curioso ! " pensò Alice, " IVIa
ogni cosa oggi è curiosa. Credo che farò bene
ad entrare." Ed entrò.
UN TÈ DI MATTI. 109
Si trovò di nuovo nel lungo salone, e presso
al tavolino di cristallo. " Questa volta farò
meglio," disse fra se, e prese la cliiavettiiia
d' oro ed aprì ]' uscio che conduceva al giardino.
Poi si mise a raorsecchiare il fungo (ne avea con-
servato un pezzettino nella tasca), sino a che
ebbe un piede d' altezza o giù di lì : traversò il
piccolo andito : e poi — si ritrovò finalmente nel-
l'ameno giardino in mezzo ad aiuole lussureggianti
di fiori, ed a fontane fresche.
CAPITOLO Vili.
IL CROQUET DELLA REGINA.
Un magnifico rosajo stava vicino all' ingresso
del giardino : le sue rose erano bianche, ma tre
giardinieri che gli stavano d' intorno erano occu-
pati a colorirle di rosso. Davvero, è curioso !
1)ensò Alice, e si avvicinò per osservarli, e
(j[uando vi fu presso sentì che uno di loro diceva,
" Fa attenzione, Cinque ! Non mi schizzare
con le tue pennellate ! "
"Non ho potuto farne di meno," rispose Cin-
que, con tuono burbero ; " Sette mi ha urtato
il gomito."
Sette lo guardò e disse, " Ma bene ! Cinque
incolpa sempre gli altri I "
IL CROQUET DELLA EEGINA.
Ili
" Tu faresti meglio di zittire ! " disse Cinque.
" Non più tardi di ieri, sentii che la Kegina diceva
che tu meriteresti d' essere decollato ! "
"Perchè? "do-
mandò il primo
che avea par-
lato.
"Ciò non
preme a te. Due 1 "
ripose Sette.
" Gli preme,
certo I " disse Cin-
que, " e gliel
dirò io — perchè
portasti al cuoco
bulbi di tuli-
pano invece
di
cipolle."
Sette scaraventò lontano il suo pennello e
stava lì lì per dire, " In mezzo a tutte le cose le
più ingiuste " quando s'accorse d'Alice che li
osservava, e divorò il resto della frase : gli altri la
112 IL CROQUET
guardarono del pari e le fecero tutti una pro-
fonda riverenza.
" Mi direste," domandò Alice, ma timidamente,
"perchè state colorendo quelle rose?"
Cinque e Sette non risposero, ma guar-
darono Due. Due disse allora con voce
bassa, ''Gli è perchè, codesto costì doveva essere
un rosajo di rose rosse, e noi per isbaglio
ne abbiam piantato uno che dà rose bianche ;
or se la Kegina se ne avvedesse, a tutti le teste
sarebbero ta geliate. Così, Si sjn orina, facciamo il
o ^ Cd '
meglio per riparare pria che venga a " In
quell' istante, Cinque che guardava attorno con
ansietà, gridò " La Regina ! La Regina ! " e i
tre giardinieri si misero subito con la faccia per
terra. Si sentì un grande scalpiccio, e Alice si
mise a guardare per veder la Regina,
Prima comparvero dieci soldati armati di
bastoni : erano conformati come i tre giardinieri,
bislunghi e piatti, con le mani e i piedi agli
angoli : seguivano dieci cortigiani, tutti sfolgoranti
di diamanti ; andavano a due a due, come i
DELLA REGINA. 113
soldati. Venivano poi i principini reali ; erano
dieci, divisi a coppie e tenendosi per la mano, —
andavano innanzi quegli amorini saltando come
matti : erano ornati di cuori. Poi sfilavano
gì' invitati, la maggior parte Re e Regine, e
fra loro Alice riconobbe il Coniglio bianco ; dis-
con:eA^a con una fretta nervosa, facendo bocca da
ridere a chiunque gli parlava, e passò oltre senza
punto badare ad Alice. Seguiva il Fante di
Cuori, portando la Corona Reale sopra un cuscino
di velluto rosso ; e finalmente venivano IL RE
E LA REGINA DI CUORI.
Alice non sapea se dovesse cadere a faccia per
terra come i tre giardinieri, ma non potè ricor-
darsi che ci fosse un tal cerimoniale nelle proces-
sioni regie ; " e poi, a che servirei >bero coteste
processioni," riflettè fra sé, " se tutti dovessero
stare a faccia per terra, e ninno potesse vederle ì "
Così restò dov' era, ed aspettò.
Allorché la processione giunse vicina ad
Alice, tutti si fermarono e la guardarono ;
e la Regina gridò con cipiglio severo, " Chi
114 IL CROQUET
è costei 'ì " e si rivolse al Fante di Cuori,
il quale rispose con un risolino e una
riverenza.
"■ Imbecille ! " disse la Eegina, e impaziente,
scosse il capo ; indi rivolgendosi ad Alice, continuò
a dire, " Come ti chiami fanciulla ? "
"Maestà, mi chiamo Alice," rispose la fan-
ciulla con molta garbatezza, ma soggiunse a se
stessa, " Non è che un mazzo di carte soltanto.
Non e' è da aver paura di costoro ! "
" E chi sono cotestoro f " domandò la Eegina,
indicando i tre giardinieri che baciavano la pol-
vere intorno al rosajo ; perchè, capite, siccome
giacevano sulle lor faccie, e il disegno del loro
di dietro rassomigliava a quello del resto del
mazzo, non sapea discernere se fossero giardinieri,
o soldati, o cortigiani, o tre de' suoi proprii figli.
" Come volete eh' io lo sappia," rispose Alice,
che si meravigliava del suo proprio coraggio.
" Ciò non m^ spetta."
La Regina diventò di fiamma per la rabbia,
dopo d'averla fissata ferocemente come una
DELLA REGINA.
115
bestia selvaggia, gridò, " Tagliatele il capo !
subito "
" Eh, via ! " rispose Alice a voce alta e con
fermezza, e la Eegina si tacque.
116 IL CROQUET
Il Re appoggiò la mano sul braccio della
Regina, e disse timidamente, "Cara mia, riflettici
bene su : la è una bambina ! "
La Regina gli voltò le spalle con viso irato,
e disse al Fante, " Rivoltateli ! "
Il Fante ubbidì, e con un piede li rivoltò
cautamente.
" Levatevi ! " urlò la Regina, e i tre giardinieri
si alzarono immediatamente, e s'inchinarono da-
vanti al Re, alla Regina, ai figli reali, e a
tutti gli altri.
" Basta ! " sclamò la Regina. " Mi fate girare
il capo." E guardando al rosajo, continuò, " Che
cosa avete fatto al rosajo ? "
"Con la buona grazia della Maestà vostra,"
rispose Due, con voce umile, e piegando il
ginocchio a terra, " noi volevamo "
" Lo vedo ! " disse la Reo-ina, che avea già
osservate le rose. " Tagliate loro il capo !" e la
processione reale si mosse, lasciando indietro tre
soldati per mozzare il capo agli sventurati giardi-
nieri, che corsero ad Alice per esser da lei protetti.
DELLA REGINA. 117
" Non vi decapiteranno ! " disse Alice, e li
mise in un grosso vaso da fiori che stava vicino
a lei. I tre soldati vagarono qua e là per
qualche istante, in cerca di loro, e poi quietamente
seguirono la processione reale.
" Avete loro recisa la testa ? " gridò la
Eegina.
" Maestà, le loro teste non sono più ! "
risposero i soldati.
" Bene ! " gridò la Regina. " Sapete giuocare
a croquet f "
I soldati zittirono, e guardarono Alice, cre-
dendo che la domanda fosse rivolta a lei.
"Sì!" gridò Alice.
" Avvicinatevi dunque ! " urlò la Regina, ed
Alice raggiunse la processione, curiosa di sapere
ciò che avverrebbe in seguito.
" Fa — fa bel tempo ! " disse una timida vo-
cettina presso a lei. Vide che ella camminava a
canto del Coniglio bianco, che la stava occhiando,
affissandola in faccia con un certo faze inquieto
e timoroso.
118 IL CROQUET
" Bellissimo," rispose Alice : — " dov' è la Du-
chessa ? "
" St ! st ! " disse il Coniglio a voce bassa,
e parlando in fretta. Riguardò ansiosamente
intorno a lui, ed alzandosi sulla punta de' piedi,
bisbigliò air orecchio della fanciulla, " E sotto
sentenza di morte."
" Per quale peccato ? " domandò Alice.
" Avete detto ' Che peccato ! ' ? " disse il
Coniglio.
o
" Ma no," rispose Alice : " Non credo punto
che sia peccato. Dissi ' Per quale peccato ? ' "
" Ha schiaffeggiata la Regina " cominciò
il Coniglio. Alice scoppiò in una grossa risata.
" St ! " bisbigliò il Coniglio tutto tremante. " La
Regina vi potrebbe sentire 1 Vedete, essa è
venuta un pò tardi, e la Regina ha detto "
" Ai vostri posti ! " gridò la Regina con voce
tuonante, e gì' invitati cominciarono a correre
verso tutte le direzioni, rovesciandosi gii uni
sugli altri : finalmente poterono mettersi in un
certo ordine, e poi cominciò il giuoco.
DELLA REGINA,
119
Alice osservò che mai in sua vita non avea
veduto un terreno piìi curioso per giuocare il
Croquet ; era tutto a solchi e zolle ; le palle erano
ricci, i mazzapicchi erano fenicònteri viventi, e gli
archi erano soldati
viventi, curvati e reg-
gentisi sulle mani e
su' piedi.
La prima difficoltà
stava in ciò che Alice
non sapea come maneg-
giare il suo fenicòntero; ~ il
riuscì a tenerselo bene
avviluppato sotto il
braccio, con le gambe :^^^^^
penzoloni, ma quando ^'
o-li alluno;ava il collo,
e si preparava a picchiare il riccio con la
testa, il fenicòntero girava il capo e poi si
metteva a guardarla in faccia con una espressione
tanto stupefatta che ella non poteva far di
meno di scoppiare dalle risa : e quando gli
120 IL CROQUET
abbassava di nuovo il collo, e si accingeva a rico-
minciare; ecco il riccio si era sricciato, e andava
via : oltre a ciò e' era sempre una zolla o un solco
là dove voleva sbalzare il riccio, e siccome i
soldati si alzavano sempre e vagavano qua e là.
Alice si persuase che quello era un giuoco di-
speratamente difficile.
I giuocatori giuocavano tutti insieme senza
aspettare la loro volta, litigando sempre e pic-
chiandosi a causa de' ricci ; di tal che la Regina
ne diventò furiosa, e andava qua e là battendo il
piede e vociando ad ogni istante, " Mozzategli il
capo ! " oppure " Mozzatele il capo ! "
Alice cominciò a sentire un pò d' ansietà : è
vero che non avea contrastata con la Regina,
ma ciò poteva accadere ad ogni momento, e pensò
" che cosa ne sarà di me ? Qui hanno un gusto
matto a mozzar teste ; è una meraviglia se ve ne
sia alcuno che abbia ancora il capo sul collo ! "
E studiava il modo di scappar via, senza
esser veduta, quando osservò un' apparizione curiosa
nelF aria ; prima ne restò sorpresa, ma do o
DELLA REGINA. 121
averla riguardata "un poco, vide un ghigno, e
disse fra sé, " E Ghignagatto : ora avrò qual-
cheduno con cui discorrere."
" Come va il giuoco ? " disse il Gatto,
appena eh' ebbe tanta bocca per cominciare a
parlare.
Alice aspettò che gli occhi apparissero, e
poi gli fé cenno col capo. " E inutile par-
largli," pensò fra se. " aspettiamo che almeno
gli orecchi appariscano, almeno uno." Immediata-
mente apparve tutta la testa, e Alice depose
il suo fenicòntero, e cominciò a raccontare come
andava il giuoco, lieta che uno le prestasse
attenzione. Il Gatto intanilo dopo aver fatto mostra
della sua testa, pensò bene a non mostrare il resto
del suo corpo.
"Non credo che giuochino lealmente," disse
Alice, lagnandosi, " contrastano fra loro fu-
riosamente e non si può sentire neppure la
propria voce — non hanno ordine nel giuoco ;
e se ve n' è, niuno lo segue — e non potete
credere che confusione e' è, perchè qui tutto è
K
122 IL CROQUET
vivente : per esempio, ecco l' arco eh' io dovrei
traversare, ma mi scappa via all'altra estremità
del terreno, — e avrei dovuto fare croquet col
riccio della Regina, ma m' è fuggito via appena
vide il mio ! "
" Come vi piace la Regina *? " domandò il
Gatto a voce bassa.
" Punto, punto ! " rispose Alice : " la è
tanto " Ma s'accorse die la Regina le stava
vicino, origliando, e continuò, " — abile nel
giuocare e vincere, eh' è inutile di finire la
partita.
La Regina sorrise, e andò altrove.
" Con chi parlate voi ? " domandò il Re,
che s' era avvicinata ad Alice, ed osservava la
testa del Gatto con molta curiosità.
" E un amico mio — un Ghio-nagatto,"
disse Alice, " vorrei presentarlo a Vostra
Maestà. "
" Non mi piace punto il ceffo che ha,"
rispose il Re ; " ma può baciarmi la mano, se
voule."
DELLA REGINA. 123
"Non ne Lo punto voglia," osservò il Gatto.
" Non siate impertinente," disse il Re, " e non
mi guardate a quel modo." E mentre parlava
si nascondeva dietro ad Alice.
" Un gatto può guardare un Re," osservò
Alice, "l'ho letto in qualche libro, ma non ricordo
quale."
" Bene, ma bisogna cacciarlo via," disse il Re
con voce autorevole, e chiamò la Regina che
passava colà in quel momento, " Cara mia !
Vorrei che quel gatto fosse cacciato via ! "
La Regina conosceva una sola maniera p(!r
appianare tutte le difficoltà, grandi o piccole che
fossero, e perciò senza neppure guardare intorno,
gridò, " Mozzategli il capo I "
" Andrò io stesso a cercare il boja," disse il
Re, e andò via frettolosamente.
Alice pensò che sarebbe bene d' andare a
vedere come il giuoco progrediva, tanto ],)iu
che sentì da lontano la voce della Regina
che urlava con ira. Ella avea di già sentito
che avea condannato nel capo tre giuoca-
K 2
Ì2i IL CROQUET
tori che avevano mancato alla loro volta ; tutto
ciò non le piaceva, percliè il giuoco era caduto
in tale confusione che ella non sapea piìi se la
sua volta fosse venuta o no. Andò dunque in
cerca del suo riccio.
Il riccio stava allora battagliando contro un
altro riccio, ciò sembrò ad Alice una occasione
propizia per battere a croquet V uno con l' altro
di loro : ma v' era una difficoltà, il suo fenicòntero
era andato all' altro lato del giardino, e Alice lo
vide che si sforzava inutilmente di volare sopra
un albero.
Quando le riuscì di afferrare il fenicòntero
e lo ricondusse sul terreno, il combattimento era
finito, e i due ricci s' erano allontanati : " importa
poco," pensò Alice, "poiché tutti gli archi se ne
sono iti air altro lato del terreno." E se lo
acconciò per benino sotto V ascella, acciocché non
scappasse più, e ritornò al micio per riappiccicar
con lui il discorso.
Ma con sua sorpresa trovò una folla immensa
intorno al Ghignagatto : il Re, la Regina, e il
DELLA KEGINA. ^25
boja vociavano tutti e tre insieme, e gli altri
erano silenziosi e malinconici.
Appena Alice apparve, i tre si appellarono a
lei per risolvere la quistione, e le ripeterono i loro
argomenti, parlando tutti a una volta, così che
era difficile per lei d' intendere che volessero dire.
L' argomento del boja era che : non poteva
tagliare una testa se non ci fosse un corpo da
cui mozzarla ; che non avea mai avuto a fare
una cosa simile innanzi, e che non voleva comin-
ciare a farne a quell' età.
L' argomento del Ee era che : ogni essere che
ha una testa può essere decapitato, e il boja non
dovea dir sciocchezze.
L' argomento della Eegina era che : se non
si faceva presto avrebbe ordinato che tutti quelli
che la circondavano fossero decapitati. (Era
(pesta r osservazione che avea dato a tutti quel-
r aria grave e piena d' ansietà.)
Alice non seppe trovar altro a dire che, " 11
gatto appartiene alla Duchessa : fareste bene di
consultar lei su di ciò."
126
IL CROQUET
" Ella è in prigione," disse la Regina al boja :
" Conducetela qui." E il boja andò via come
una saetta.
Appena il boja sparì, la testa del Gatto andò
DELLA REGINA. 127
dileguandosi, e quando ritornò con la Duchessa,
era sparita totalmente : il Re e il boja corsero
qua e là all' impazzata per ritrovarla, mentre
gl'invitati ritornarono a giuocare.
CAPITOLO IX.
STORIA BELLA FALSA-TESTUGGINE.
" Non potete credere quanto son lieta di
ritrovarvi, bambina mia ! " disse la Duchessa,
mettendo amichevolmente il suo braccio in quello
di Alice, e camminando insieme.
Alice era lieta di rivederla in tale buon umore,
e pensò che forse era il pepe che V avea resa tanto
irritabile quando la vide in cucina. "Allorché
saì'ò Duchessa," disse fra se (ma senza troppo
sperarlo), " non voglio aver p2^7i^o pepe nella
mia cucina. La minestra è buona anche senza.
Chi sa che non sia il pepe che rende la gente
cotanto piccosa ? " continuò tutta lieta d' aver
STORIA DELLA FALSA-TESTUGGINE. 120
scoperta una specie di nuova teoria, "è V aceto
che la rende aspra — è la camomilla che la rende
amara — e sono i confetti e cose simili che addol-
ciscono il carattere de' bambini. Vorrei che si
conoscesse ciò ; le persone non sarebbero tanto
tirchie a darcene "
E cosi discorrendo avea quasi dimenticata
la Duchessa, e trasaltò quando si udì dire al-
l' orecchio. " Cara mia, voi avete la testa ad
altro, e dimenticate di parlare con me. Non
potrei dirvene ora la morale, ma me ne ricorderò
far breve."
" Forse non ne ha," osservò cautamente
Alice.
" Che, che, bimba 1" disse la Duchessa. "Ogni
cosa ha la sua morale, purché voi la possiate
trovare." E si strinse più presso ad Alice mentre
parlava.
Ad Alice non piacque V esser così stretta con
lei, primo perchè la Duchessa era bruttissima,
secondo, perchè per la sua altezza ella appoggiava
il mento sulla spalla d' Alice, ora quel mento era
130 STORIA DELLA
spiacevolmente acuto ! Ma pure non volle essere
scortese, e sopportò quella noja come meglio
potè.
" Il giuoco va meglio ora, " disse così per
alimentare la conversazione.
" Eh sì," rispose la Duchessa : " e questa n' è
la morale : —
' E amore — è aìrwre — è il pazzeron e?' amore
CJie fa girare il mondo, — ed il mio cuore !'"
" Ma qualcheduno ha detto invece, " bis-
bigliò Alice, "se ognuno badasse alle proprie
faccende il mondo girerebbe meglio,"
" Bene ! L' una vale 1' altra," disse la Duchessa,
e mentre conficcava il suo mento acuto nelle
spalle d' Alice, continuò, " e la morale di ciò la
è questa — ' Guardate al franco ; gli spiccioli si
guarderanno da se.'"
" Come si diletta a trovar la morale in ogni
cosa ! " pensò Alice.
" Scommetto che siete sorpresa perchè non
FALSA-TESTUGGINE.
131
vi cingo la vita col mio braccio," disse la
Duchessa dopo qualche istante, " ma gli è perchè
non so che razza d' umore abbia il vostro feni-
còntero. Pacciamo la prova?"
"Potrebbe mor-
^f.y$^
dervi, " rispose
Alice, che non ne
voleva di quelli
esperimenti.
" E vero," disse
la Duchessa : " i
fenicònteri e la
senape pizzicano
entrambi, e la
morale è questa
— ' Chi si rassem-
bra s' assembra.' "
"Ma la senape
non è un uccello," osservò Alice.
" Bene, come sempre," disse la Duchessa : " voi
dite ogni cosa assai benino ! "
"È un minerale, credo,'' disse Alice.
132 STOKIA DELLA
"Certo," rispose la Duchessa, che pareva desi-
derasse d' acconsentire a tutte le cose che diceva
Alice ; " qui vicino e' è una grande miniera di
senape^ E la morale di ciò è questa — ' La miniera
è la maniera Di gabbar la gente intiera.' ''
" Oh lo so ! " sclamò Alice, che non aveva
badato alle parole della Duchessa, " è un vegetale.
Non ne ha 1' apparenza, ma lo è."
" Proprio così/' disse la Duchessa, " e la
morale di ciò è questa — ' Siate quello che volete
parere ' — o se volete che ve lo dica piìi sempli-
cemente — ' Non vi crediate mai d' essere altra se
non quella che apparite ad altri d' essere o d' es-
sere stata che possiate essere, e V esser non è
altro che l' essere di quell' essere eh' è 1' essere
dell' essere, e non altrimenti.' "
" Credo che l' intenderei meglio, " disse Alice
con molta garbatezza, " se me la scriveste, ma
non posso seguirvi con la mente quando la dite."
" Questo è nulla rimpetto a quel che potrei
dire, se ne avessi voglia," soggiunse la Duchessa,
contenta come una pasqua.
FALSA-TESTUGGINE. 133
" Non v' incomodate a dirne di più lunghe
di quella che avete recitata or ora," disse
Alice.
" Che incomodo ! " rispose la Duchessa. " Vi
fo un regalo di tutto ciò che ho detto sino ad
ora.
"E un regalo che costa niente," pensò Alice.
" Buono che non fìinno di que' regali ne' giorni
natalizii ! " Ma non osò dir questo a voce
alta.
" Sempre meditabonda ?" domandò la Duchessa,
mentre affondava quel suo mento acuminato sul-
r omero della bambina.
" Ho ben di che 1 " rispose vivamente Alice,
perchè cominciava a sentirsi annoiata.
E la Duchessa, " Come i porci ne hanno di
volare : e la mo — — ■"
Qui, con gran sorpresa d' Alice, la voce della
Duchessa andò morendo e si spense in mezzo
alla parola ' morale ' che tanto gradiva ; il braccio
eh' era nel suo cominciò a tremare. Alice alzò
gli occhi, e vide che la Eegina stava davanti ad
134 STORIA DELLA
esse, le braccia conserte, accigliata e spaventevole
come un uragano.
" Maestà, che bella giornata ! " balbettò la
Duchessa con voce debole e fioca.
" Vi dò a tempo un avvertimento," tuonò la
Eegina, battendo fieramente il terreno col piede ;
" o voi o la vostra testa dovramio abbandonare
il giardino, e ciò subito ! Scegliete 1 "
La Duchessa scelse, e fuggi via in un attimo.
" Eitorniamo al giuoco," disse la Eegina ad
Alice, ma Alice era troppo spaventata, non osò
rispondere, e la seguì lentamente sul terreno.
GÌ' invitati intanto, profittando dell' assenza
della Eegina, si riposavano all' ombra : però
appena la videro ricomparire, ritornarono ai posti
loro ; la Eegina fece soltanto capir loro che se
avessero ritardato un momento avrebbero perduta
la vita.
Mentre giuocavano, la Eegina continuava a
querelarsi con altri giuocatori, gridando sempre
" Mozzategli il capo ! " oppure " Mozzatele il
capo 1 " Coloro eh' erano sentenziati a morte,
FALSA-TESTUGGINE. 135
erano guardati da soldati che doveano cessare di
servire d' archi al giuoco, e così in meno di mez-
z' ora, non e' erano più archi, e tutt' i giuocatori,
eccettuati il Re la Regina ed Alice, erano
guardati e condannati nel capo.
Finalmente la Regina lasciò il giuoco, tutta
sbuffante ed anelante, e disse ad Alice, " Hai
veduto la Falsa-Testuggine ì "
" Nò," disse Alice. " Non so neppure che sia
la Falsa-Testuggine."
" E quella con cui si fa la minestra di
falsa Testuggine," disse la Regina.
" Non ne ho mai veduto, ne udito parlare,"
soggiunse Alice.
" Vieni dunque," disse la Regina, " ed essa
ti racconterà la sua storia,"
Mentre andavano insieme, Alice sentì che il
Re diceva a voce bassa a tutt' i condannati, " Fo
ofrazia a tutti." " Oh, ne son lieta ! " disse fra
se Alice, perchè sapete, la nostra fanciulla era
mestissima vedendo tanta gente condannata a
morte dalla Regina.
136
STOKIA DELLA
-vi^A;^''-5^sr^
Tosto giunsero vicino a un Grifone, accocco-
lato e dormente al sole. (Se voi non sapete
che è il Grifone, guardate la vignetta.) " Su,
su, pigro ! " disse la Regina, " conducete questa
fanciulla a vedere la Falsa-Testuo-o-ine che le
farà il .-acconto della sua vita. Quanto a me
debbo tornare indietro per fare eseguire alcune
sentenze di morte ; " e andò via, lasciando Alice
sola col Grifone. Non piacque ad Alice l' as-
petto della bestia, ma poi riflettendo che il
FALSA- TESTUGGINE. 137
rimaner col Grifone non era tanto pericoloso
per lei quanto il rimanere con quella selvaggia
Kegina, stette lì, ed aspettò.
Il Grifone si levò, si stropicciò gli occhi,
aspettò elle la Kegina sparisse totalmente e poi
si mise a sghignazzare. " Che commedia ! "
disse il Grifone, parlando un po' a se stesso, un
po' ad Alice.
" Qual' è la commedia t " domandò Alice.
" I^ lei stessa," soggiunse il Grifone. " È un
ruzzo che ha in testa : ma le teste non son mai
mozzate per ciò. Venite ! "
" Qui ognuno comanda ' Venite ! ' " osservò
Alice, mentre lo seguiva lentamente. "Non sono
stata mai così comandata in tutta la mia vita ! "
Non si erano di molto inoltrati quando videro
a una certa distanza la Falsa-Testuggine, che
sedeva mesta e soletta sull' orlo d' una rupe, ed
essendosi avvicinati un poco più, Alice senti
che sospirava come se le si spezzasse il cuore.
Ella n' ebbe compassione. " Perchè si duole ? "
domandò al Grifone, e il Grifone rispose un
L
138 STORTA DELLA
po' SU un po' giù come dianzi, " E un ruzzo
che ha in testa, non ha dolore di sorta. Venite I "
E andarono verso la Falsa-Testuggine, che li
riguardò con certi occhioni ripieni di lagrime,
ma senza far motto.
" Questa fanciulla," disse il Grifone, " vorrebbe
sentire la vostra storia, vorrebbe,"
" Gliela racconterò," rispose la Falsa-Testug-
gine con voce profonda e sepolcrale. " Sedete,
e non dite una parola sin che io abbia ter-
minato."
E sedettero, e per qualche minuto, ninno
fiatò. Intanto Alice osservò fra sé, "Non so
come mai terminerà, se non comincia mai." Ma
aspettò pazientemente.
"Una volta," disse finalmente la Falsa-
Testuggine con un gran sospirone " io era una
vera Testuggine."
Quelle parole furono seguite da un altro
lunghissimo silenzio, interrotto soltanto da
qualche " Hjckrrh 1 " dal Grifone e da' singhiozzi
continui della Falsa-Testuggme. Alice stava
FALSA-TESTUGGINE.
139
per levarsi e dirle, " Grazie della vostra storia
interessante," quando riflettè che essa doveva dire
qualche cosa di più, e sedette tranquillamente,
senza far motto.
L 2
140 STORIA DELLA
"Quando eravamo piccini," continuò la Falsa-
Testuggine, un poco piìi quieta, ma sempre sin-
ghiozzando, " andavamo a scuola, al mare. I^a
maestra era una vecchia Testuggine — e noi la
chiamavamo Tartaruga "
" Perchè la chiamavate Tartaruga se non era
tale V domandò Alice,
" La chiamavamo Tartaruga perchè e' insegnava
a tartagliare, " disse la Falsa-Testuggine con
dispetto : " Avete poco comprendonio 1 "
" Vi dovreste vergognare di far questioni tanto
semplici," aggiunse il Grifone ; e poi zittirono,
ed entrambi fissarono gli occhi sulla povera Alice
che le pareva sprofondarsi sotterra. Finalmente
il Grifone disse alla l'alsa-Testuggine, " Va
innanzi, comare ! Ma non andar per le lunghe,
sai ! " E così continuò :
" Andavamo a scuola al mare, benché voi non
lo crediate "
"Non ho mai detto ciò!" interruppe Alice.
" Ma sì," tuonò la Falsa-Testuggine.
" Zitta ! " soggiunse il Grifone pria che Alice
FALSA-TESTUGGINE. 141
avesse potuto rispondere. La Falsa-Testuggine
continuò :
''Noi fummo educate benissimo — in fatti
andavamo a scuola ogni giorno — - — "
" Aìich' io andava a scuola ogni giorno," disse
Alice ; " non bisogna vantarsi per cosi poco."
" E avevate degli extra ? " domandò la Falsa-
Testuggine con qualche ansietà.
" Sì," rispose Alice, " imparavamo il Francese
e la musica."
" E il bucato ? " disse la Falsa-Testuo^o-ine.
" No, davvero 1 " disse Alice tutta corrucciata.
" Ah ! La vostra dunque non era una buona
scuola," disse la Falsa-Testuggine, come se si sen-
tisse sollevata. " Nella nostra, e era alla fine
del programma : ' Extra : Francese, musica, e
bucato.' "
" Ma non ne avevate bisogno," disse Alice ;
" voi vivevate nel fondo del mare."
"Non ho avuto mai mezzi per impararlo,"
soggiunse sospirando la Falsa-Testuggine. " Così
seQ;uii soltanto i corsi ordinarii."
U2 STORIA DELLA
" Cioè ? " domandò Alice.
" A Reggere e Stridere prima di tutto/' rispose
la Falsa-Testuggine : "e poi le diverse operazioni
dell' Aritmetica — Ambizione, Distrazione, Brutti-
fi cazione, e Derisione."
"Non ho mai sentito parlare di ^ Bruttifica-
zi07ie/" disse Alice. "Ch'è mai?'"
Il Grifone levò le due zampe all'aria in segno
di sorpresa e sclamò : *' Mai sentito parlare di
hruttijìcazione ! Ma sapete che significa hellifica-
zione, eh ? "
" Sì," rispose Alice, ma un pò dubbiosa : " si-
gnifica — rendere — qualche cosa — più bella."
" Ebbene," continuò il Grifone, " se non sapete
che significa bruttificare voi siete una sciocca."
Alice non si vedeva incoraggiata a fare altre
domande, cosi si rivolse alla Falsa-Testuggine, e
disse, " Che altro dovevate imparare ? "
"Ecco, c'era la Stoia," rispose la Falsa-Testug-
gine, contando i soggetti ad uno ad uno sulle
natatoie — "la Stoia antica e moderna con la
Girografia : poi il Disdegno — il Maestro di Dis-
FALSA-TESTUGGINE. 143
degno era un vecchio grongo, e veniva una volta
la settimana : e' insegnava il Disdegno, il Pas-
saggio, e la Frittura ad Occhio."
" E questa a che rassomigliava ella ? " disse
Alice.
" Non ve la potrei mostrare," rispose la Falsa-
Testuggine, " perchè vedete, son tutto d' un
pezzo. E il Grifone non 1' ha mai imparata."
" Non ebbi tempo," rispose il Grifone : " ma
studiai le lingue classiche, e bene. Ebbi per
maestro un vecchio granchio, sapete."
" Non andai mai da lui," disse la Falsa-
Testuggine con un sospiro : "mi dissero che in-
segnava Catino, e Gretto."
" Proprio così," disse il Grifone, sospirando
anche lui, ed entrambe le bestie nascosero la fac-
cia fra le zampe.
" Quante ore di lezione avevate al giorno ? "
disse Alice prontamente, per mutare argomento.
" Dieci ore il primo giorno," rispose la Falsa-
Testuggine : " nove il secondo, e così discor-
rendo."
144 STOKIA DELLA FALSA-TESTUGGINE.
" Che metodo curioso ! " sclamò Alice.
" Ma è questa la ragione perchè si chiamano
lezioni," osservò il Grifone : " perchè soffrono
lesioni oorni giorno."
Era nuova quell' idea per Alice, e ci pensò su
un poco prima di fare quest' altra osservazione.
" Allora avevate vacanza l' undecimo sjiorno ? "
"S'intende," disse la Falsa-Testuggine.
"E come facevate nel duodecimo?" domandò
vivamente Alice.
Ma il Grifone l'interruppe, e disse con voce
risoluta, "Basta in quanto alle lezioni: dille ora
qualche cosa dei giuochi."
CAPITOLO X.
LA CONTRADDANZA DE' GAMBERI.
La Falsa-Testuggine die fuori un gran so-
spiro e passò il rovescio d' una natatoia sugli occhi.
Riguardò ad Alice e cercò di parlare, ma per
qualche istante i singhiozzi glielo impedirono,
" Ei pare eh' abbia un osso a traverso della gola,"
disse il Grifone, e si accinse a scuoterla e a
batterle la schiena. Finalmente la Falsa-Testug-
gine ricoverò la voce, e con le lagrime che gli
colavano sulle guancie, riprese il discorso : —
" Forse voi non siete vissuta lungo tempo ne]
fondo del mare " — (" Nò, certo," disse Alice) —
" e forse non siete stata mai presentata a un
Gambero" — (Alice stava per dire " Una volta
146 LA CONTRADDANZA
gustai " ma inghiottì la frase, e disse, " Nò
mai ") — " cosi voi non potete farvi una idea della
bellezza d' una contraddanza de' Gamberi ! "
" Nò, davvero," rispose Alice. " Ma eli' è
mai la contraddanza de' Gamberi ?"
" Ecco," disse il Grifone, " prima di tutto si
forma una linea lunghesso la spiaggia "
" Due linee ! " gridò la Falsa - Testuggine.
*' Foche, testuggini di mare, salmoni e simili :
poi quando avete tolti via della spiaggia i polipi
viscosi "
" E ciò fa perdere molto tempo," interruppe il
Grifone.
" voi fate un avant-deux."
" Ognuno avendo un Gambero per cavaliere,"
gridò il Grifone.
" Eh, già ! " disse la Falsa-Testuggine : " voi
fate un avant-deux, poi un hala,ncé "
" ■ scambiate i Gamberi, e ritornate en
flace" continuò il Grifone.
"E poi, capite?" continuò la Falsa-Te-
stuggine, " voi scaraventate i "
DE GAMBERI. 147
" I Gamberi ! " urlò il Grifone, saltando come
un matto.
" nel mare con tutta la vostra forza "
" Indi nuotate dietro a loro ! " strillò il
Grifone.
" Fate una capriola nel mare ! " gridò la Falsa-
Testuggine, saltellando mattamente qua e là.
" Scambiate di nuovo i Gamberi ! " vociò il
Grifone a squarciagola.
" Eitornate a terra di nuovo, e — e questa è la
prima figura," disse la Falsa - Testuggine, abbas-
sando la voce tutt' a un tratto, e le due bestie
elle pur dianzi saltavano follemente, si sdraiarono
meste, silenziose, e guardarono Alice.
" Debb' essere una gran bella contraddanza,
cotesta," disse timidamente Alice.
" Ne vorreste avere un saggio ? " domandò la
Falsa-Testuggine.
" Mi piacerebbe di molto," disse Alice.
" Animo dunque, facciamo la prima figura ! "
disse la Falsa-Testuggine al Grifone. " Possiamo
farla senza Gamberi, sapete. Chi canterà ? "
148
LA CONTRADDA.XZA
■-'''■>-/^-
" Cantate voiy' disse il Grifone. " Io ho di-
menticate le parole."
E cominciarono a ballare gravemente intorno
ad Alice, pestandole i piedi quando le si avvici-
navano troppo, e battendo il tempo con le zampe
davanti, mentre la Falsa-Testuggine cantava adagio
adagio, e mestamente :
DE GAMBERI. 149
Nasci disse a Lumaca — " Cammina un pò più lesta,
Che un Porcellin di mare — la coda mi calpesta ! —
Già Gamberi e Testùdi — sen vengono a fidanza,
E asiMtano il segnale — per cominciar la danza.
Volete voi, volete, — volete voi ballare?
Volete voi, volete, — co' Gamberi danzare?
" Che gioja ! che delizia ! — Innanzi e indietro andremo ;
Nel mar scaraventati — co' Gamberi saremo ! "
Rispose la Lumaca : — " Oimè ! gli è un pò lontano !
A me non piace un ballo — cotanto ardito e strano ! "
Volete voi, volete, — volete voi ballare ?
Volete voi, volete, — co' Gamberi danzare ?
"Clic male!" gli rispose — il candido Nasello,
" Di là e' è un' altra sponda — e è un suolo assai più
bello ;
Dall' Adria cdla Dalmazia — -faremo un salto audace,
Oh non temer, carina, — sta quieta e vivi in pace !
Volete voi, volete, — volete voi ballare?
Volete voi, volete, — co Gamberi danzare ? "
lóO LA CONTRADDANZA
" Grazie tante ! è una bella contraddanza,"
disse Alice, lieta che fosse finita ; " e poi quel
canto curioso del Nasello mi piace tanto ! "
" A proposito dei Naselli," disse la Falsa-
Testuggine, " essi sono — voi ne avete veduti, non
e vero ?
" Sì," rispose Alice, " li ho veduti spesso a
tavo " e inghiottì il resto della parola.
" Non so dove sia Tavo," disse la Falsa-Testug-
gine, " ma se voi li avete veduti spesso, sapete
che cosa sono."
" Lo credo," rispose Alice, raccorgendosi.
" Hanno la coda in bocca, e son tutti coperti di
pan grattato."
" V ingannate in quanto al pan grattato,"
soggiunse la Falsa - Testuggine : " le miche di
pane sparirebbero nel mare. Ma essi hanno però
la coda in bocca ; e la ragione è questa " e
qui la Falsa-Tartaruga sbadigliò, e chiuse gli
occhi. — " Ditegliela voi la ragione," chiese al
Grifone.
" La ragione è la seguente," disse il Grifone,
DE GAMBERI. 151
" essi vollero andare al ballo co' Gamberi ; e
così furono buttati nel mare ; e così fecero il
capitombolo molto al di là ; e così si attaccarono
la coda in bocca ; e così non potettero distaccar-
sela più ; e questo è quanto."
" Grazie," disse Alice, " davvero è interes-
sante. Non ne seppi mai tanto intorno a' na-
selH."
" Presto, fateci un racconto delle vostre avven-
ture," disse il Grifone.
" Ve ne potrei raccontare cominciando da
stamane," disse Alice assai timidamente ; " ma è
inutile raccontarvi quelle di ieri, perchè — ieri io
era tutt' altra persona."
" Oh ! spiegateci ciò," disse la Falsa-Testuggine.
" No, no ! prima le avventure," sclamò il
Grifone, impaziente : "le spiegazioni sono lungag-
gini nojose."
Così Alice cominciò a raccontar loro i casi
suoi sin dal momento che incontrò il Coniglio
bianco : ma bentosto cominciò a sentire un poco
di paura che le due bestie le si erano appiccicate
152 LA CONTRADDANZA
ai fianchi, slargando gli occhi e spalancando le
bocche, però in pochi istanti la piccina si riebbe
dal timore. I suoi uditori si mantennero quieti
sino a che ella giunse alla ripetizione del
" Guglielmo, tu sei vecchio,'' da lei fatta al
Bruco, e siccome le parole le uscivano tutte
diverse dal vero originale, la Falsa-Testuggine die
fuori uno de' suoi sospironi, e disse, " E curioso
davvero ! "'
" E curioso come la curiosità," sciamò il Grifone.
"E uscito fuori tutto diverso!" soggiunse la
Falsa-Testuggine dopo averci riflettuto sopra.
"Vorrei che ella ci recitasse qualche cosa ora.
Dille che cominci." E guardò il Grifone pensando
ch'egli avesse autorità sopra Alice.
" Levatevi," disse il Grifone, " e ripeteteci la
canzona piemontese ' Trenta quaranta
" Oh come queste bestie comandano ! e fanno
recitar le lezioni ! " pensò Alice. " Sarebbe lo stesso
per me che fossi a scuola." Ciò non di meno
si levò, e cominciò a ripeter quel Canto ; ma la
sua testolina era tanto piena di Gamberi e di
DE GAMBERI.
153
Contraddanze, die non sapea che si dicesse, e i
versi usciron fuori assai male : —
" Son trenta e son quaranta" — il Gambero già canta
" M" han troppo abbrustolito — mi voglio incipriare,
J^n faccia a questo specchio — mi voglio spazzolare,
E voglio rivoltare — e piedi e naso in su ! "
" Ma cotesto
costì gli è diverso
da quello eh' io
recitava quando
era bimbo," disse
il Grifone.
" Non r lio mai
sentito prima,"
osservò la Falsa-
Testuggiue ; "ma
gli è sciocco oltre-
misura."
Alice non ri-
spose ; ma sedette
con la faccia na-
M
154 LA CONTRADDANZA
scosta fra le mani, pensando se mai le cose
tornassero una volta al loro corso naturale.
" Vorrei che me lo spiegaste," domandò la
Falsa-Testuggine.
" Non sa spiegarlo," disse il Grifone : " Co-
minciate la seconda strofa."
" A proposito di piedi," continuò la Falsa-
Testuggine. " Come poteva egli rivoltarli, e col
naso per giunta ? "
" E la prima posizione nel ballo," disse Alice ;
ma era talmente imbarazzata con quell' argomento,
che non vedeva il momento di mutar soojQfetto.
" Continuate la seconda strofa," replicò il
Grifone con impazienza; "comincia ^Bianca la
sera! "
Alice non osava disubbidire, benché fosse sicura
che la reciterebbe tutt' al rovescio, e disse con
voce tremante : —
" Bianca la sera appare — nel lor giardini, in fretta.
Mangiavano un pasticcio — /' ostrica e la civetta — "
" Perchè recitarci tutte coteste sciocchezze ? "
de' gamberi. 155
interruppe la Falsa-Testuggine, " se non ce ' le
spiegate ì E una vera Babelle di confusione 1 "
" Sì, fareste meglio di smettere," disse il
Grifone, e Alice fu lieta di terminare quella
filastrocca.
" Vogliamo provare un' altra figura della
contraddanza de' Gamberi ? " continuò il Grifone.
" preferireste invece una canzona dalla Falsa-
Testuggine v
" Oh sì, una canzona, se la Falsa-Testuggine
vorrà cantarcela," rispose Alice, ma con tanta
premura che il Grifone gridò con una voce di
bestia offesa. " Ah ! Chi può spiegare i gusti
altrui ? Compare, cantaci la canzona della
Zwppa di Testuggine."
La Falsa-Testuggine sospirò profondamente, e
con voce talvolta soffocata da singhiozzi, cantò
così : —
" Astro di sera ! verdeggiante e ricca
Zuppa che fumi in concava zuppiera !
In te rapito il cucchiaion si ficca,
E ne riempie una scodella intiera !
M 2
156 LA CONTRADDANZA
Astro di sera ! deliziosa Zuppa !
In te il mio pan s' inzuppa !
E di te canto — o Zup — pai —
Canto alV Astro di sera;
Canto la tua bontà, civile Zuppa !
" Astro di sera ! E chi sarà lo sciocco
Che a te preferirà sia pesce o caccia,
S' ei di te può comprarne anche un baiocco
Per lavarsi lo stomaco e la faccia ?
Astro di sera ! deliziosa Zuppa !
In te il mio pan s' inzuppa !
E di te canto — o Zup — pa !
Canto air Astro di sera ;
Canto la tua honTA CI— VILE ZUPPA!"
" Bis il Coro ! " gridò il Grifone, e la Falsa-
Testuggine si preparava a ripeterlo, quando s' udì
lina voce in distanza : " Comincia U processo ! "
" Vieni, vieni ! " gridò il Grifone, e prendendo
Alice per n^ano, fuggì con lei, senza aspettar la
fine del coro?
" Che processo ? " domandò Alice, tutta
f:),fFannata mentre fuggiva, ma il Grifone rispose
DE GAMBEKI. 157
soltanto " Vieni ! " e scappava più lesto, mentre
il vento portava sempre più debolmente alle loro
oreccliie l'eco fuggevole delle parole soavi e
malinconiche : —
" Canto all' Astro di sera ;
Vanto la tua bon — ta ci — vile — Zu^ipa ! "
CAPITOLO XI.
CHI HA RUBATO LE TORTE ?
E GIUNSERO ; e videro che il Re e la Regina
di Cuori erano seduti in trono, circondati da
una gran folla composta di uccellini, di bestioline
e da tutto il mazzo di carte : il Fante stava
davanti, incatenato, con un soldato a destra e
un altro a sinistra : presso al Re stava il Coniglio
bianco con la tromba in una mano, e un ruotolo
di pergamene nell'altra. Nel mezzo della corte
c'era una tavola, con un gran piatto di torte le
quali sembravano tanto buone che risvegliarono
CHI HA RUBATO LE TOllTE 1 159
r appetito ad Alice — " Vorrei che finissero presto
il processo," pensò Alice, "e che ci servissero
quelle buone torte ! " Ma siccome non ce n' era
neppure la speranza allora, ella cominciò a guar-
dare tutt' intorno per uccidere il tempo.
Alice non era stata mai in un tribunale,
ma ne avea letto alcunché ne' libri, e fu lieta di
poter chiamare per nome tutti coloro che vedea.
" Quegli è il giudice," disse fra se, " perchè porta
quel gran parruccone."
E il giudice non era altro che il Re, e
siccome portava la corona sopra la parrucca
(guardate il frontespizio per averne un' idea),
era un poco imbarazzato ; certo non gli andava
bene.
" E quello è il seggio de' giurati," osservò
Alice, " e quelle dodici creature," (disse " crea-
ture," capite, perchè alcune erano bestie, ed altre
uccelli), " credo che sieno i giurati." E ripetè
queste parole un pajo di volte, fiera del suo
sapere, poiché pensò, e ne avea ben d' onde, che
pochissime ragazze dell' età sua sapessero ciò.
160 CHI HA EUBATO
I dodici giurati erano occupatissimi a scrivere
sulle lasagne. " Che cosa fanno ? " bisbigliò Alice
air orecchio del Grifone. " Non possono aver
nulla da scrivere, perchè il processo non è ancora
cominciato."
" Scrivono i loro nomi," bisbigliò in risposta
il Grifone : " temono di scordarsene pria che il
processo sarà finito."
"Sciocchi!" gridò Alice con voce disde-
gnosa, ma si fermò subito perchè il Coniglio
bianco, sclamò, " Silenzio nel Tribunale 1 " e il Ee
inforcò gli occhiali e si mise a riguardare ansiosa-
mente in ogni parte per vedere chi parlasse.
Alice vedeva così bene come se fosse stata dietro
le loro spalle, che scrivevano " sciocchi," sulle
loro lavagne : osservò altresì che uno di loro
non sapeva sillabare "sciocchi," e domandava al
suo vicino come dovea compitarlo. " Che am-
masso di scarabocchi faranno sulle lavagne pria
che il processo sia terminato ! " pensò Alice.
Uno de' giurati aveva una matita che scric-
chiolava. Alice non la poteva soffrire, e perciò
LE TORTE ? 161
girò intorno al Tribunale, giunse alle spalle di lui
e colse tosto il destro per strappargliela. Ciò fece
con tale lestezza che il piccolo giurato (era Tonio,
la Lucertola) non seppe che fosse della sua ma-
tita ; girò qua e là per ritrovarla, ma invano, '
perciò dovette rassegnarsi a scrivere col dito in
tutto il resto della giornata. Ciò valse poco,
perchè il dito non lasciava traccia alcuna sulla
lavagna.
" Usciere, leggete 1' atto d' accusa ! " disse il
Re.
Allora il Coniglio die tre squilli di tromba, poi
aprì il ruotolo delle pergamene, e lesse cosi : —
"La Regina di Cuori
Fh delle torte in un lei dì d' està :
L' empio Fante di Cuori
Rubò le torte ; e certo, a morte andrà, ! "
" Ponderate il vostro verdetto," disse il Re
a' giurati.
" Non tanta fretta ! " interruppe vivamente il
Coniglio. " Vi son molte cose da fare prima ! "
162
CHI HA RUBATO
" Chiamate il primo testimonio," disse il Ee ;
e il Coniglio bianco die tre squilli di tromba,
e gridò : "Il primo testimonio ! "
Ora il primo testimonio era il Cappellaio.
Venne con una tazza di tè in una mano, una fetta
di pane col burro nell' altra. " Domando per-
LE TORTE i 163
dono alla Maestà Vostra," disse, " se vengo così
impacciato ; ma il fatto sta eh' io non avea
finito ancora di prendere il tè quando fui chia-
mato."
" Avreste dovuto finirlo," rispose il Re.
" Quando avete cominciato a prenderlo ? "
Il Cappellaio guardò la Lepre-marzolina che
r avea seguito al Tribunale andando a braccetto
col Ghiro. " Credo, al quattordici di Marzo,"
disse il Cappellaio.
" Al quindici," sclamò la Lepre-marzolina.
"Al sedici," soggiunse il Ghiro.
"Notate queste cose," disse il Re ai giurati,
e questi si misero a scrivere con molta premura
e tre date, sopra le lavagne, e poi le sommaronol
riducendole a lire e centesimi,
" Cavatevi il cappello," disse il Re al Cap-
pellaio.
" Non è mio," rispose il Cappellaio.
" £ imbato ! " sclamò il Re, rivolto a' giurati,
i quali subito presero nota del delitto.
" Ne tengo per venderli," soggiunse il Cap-
164 OHI HA RUBATO
pellaio per spiegare il fatto : " Non ne ho di
mio. Sono un cappellaio."
Qui la Regina inforcò gli occhiali, guardò fie-
ramente il Cappellaio che allibbi di paura.
" Eendete la vostra testimonianza," disse il
Re ; "e non siate spaventato, altrimenti vi farò
subito mozzare il capo.'
Queste parole non incoraggirono punto il te-
stimone : ei non si reggeva piii in gambe ; guar-
dava ansiosamente la Regina, e confuso, morsicò
un bel pezzo del labbro della tazza, invece del
pane col burro.
Giusto allora Alice provò una sensazione
curiosissima, che la riempì di sorpresa, sino a
che potette rendersene ragione : ella cresceva di
nuovo ; pensò che sarebbe stato bene per lei
di lasciare il Tribunale, ma poi riflettendoci su,
volle restare, almeno sino a che vi fosse
spazio per lei.
"Vorrei che non pigiaste tanto," disse il
Ghiro che. le sedeva vicino. "Posso appena
respirare."
LE TORTE? 165
" Non posso fare a meno/' rispose soave-
mente Alice : " Vedete, sto crescendo."
" Voi non avete nessun dritto di crescere
qui," urlò il Ghiro.
" Non dite delle scioccliezze," gridò Alice,
" sapete che anche voi crescete."
" Sì, ma non tanto," soggiunse il Ghiro :
" IO non cresco a quel modo ridicolo." E bor-
bottando fra se, si alzò, e andò a mettersi
air altro lato del Tribunale.
Intanto la Eegina non avea mai sviato il
suo sguardo feroce dal Cappellaio, e mentre il
Ghiro traversava la sala del tribunale, disse ad
un usciere, " Recatemi la lista de' cantanti nel-
r ultimo concerto ! " A queste parole il Cap-
pellaio tremò a verghe, così che le scarpe gli
scappavano da' piedi.
" Rendete la vostra testimonianza," ripetè
fieramente il Re, " o vi farò mozzare il capo,
poco importa che tremiate o no."
" Maestà, sono un povero sventurato,"
cominciò il Cappellaio con voce trem.ante, " ed
166
CHI HA RUBATO
ho appena cominciato a prendere il tè — non è
ancora una settimana — e in quanto al pane col
burro che
pressata."
SI
assottiglia — e alla testa sop-
" Che soppressata ?"
sclamò il Ee.
"La testa soppres-
sata cominciò col tè/'
rispose il Cappellaio.
"Sicuro che 'testa'
comincia con un T ! "
disse ^dvamente il Re.
" M' avete voi preso
per un gonzo ? An-
date via ! "
" Sono un povero
sventurato," continuò
il Cappellaio, " e dopo il tè, tentennavano tutti,
— solo la Lepre-marzolina disse "
" Non dissi niente ! " interruppe con impeto
la Lepre-marzolina.
" Lo diceste ! " disse il Cappellaio.
LE TORTE ? 167
" Lo nego ! " replicò la Lepre-marzolina.
" Lo nega," disse il Ee : " ebbene lasciate
andare."
*' Bene, ad ogni modo il Ghiro disse "
e il Cappellaio lo guardò per vedere s' egli pure
volesse dargli una mentita : ma il Ghiro non
negava, dormiva profondamente.
" Dopo ciò," continuò il Cappellaio, " mi
preparai un' altra fetta di pane col burro "
" Ma che cosa disse il Ghiro 1 " domandò
un giurato.
" Non me lo posso ricordare," disse il Cap-
pellaio.
" Voi dovreste ricordarlo," osservò il Re,
"se no vi farò mozzare il capo."
Il misero Cappellaio si lasciò cadere la tazza,
il pane col burro, e le ginocchia a terra, e
sclamò : " Maestà, sono un povero mortale ! "
*' Siete un povero oratore" disse il Re.
Qui un porcellino d' India die un applauso,
ma subito fu soppresso dagli uscieri del Tri-
bunale. (Ed ecco come fecero : presero un sacco
168 CHI HA RUBATO
di canavaccio con de' legacci all' orlo ; vi gitta-
ron giìi capovolto il porcellino d' India, e poi
vi si sedettero sopra.)
" Son contenta d' aver veduto ciò," pensò
Alice. " Ho letto tante volte ne' giornali, alla
fine de' processi, * Vi fu un tentativo d' appro-
vazione che fu subito soppresso dagli uscieri
del Tribunale,' ma sino ad ora non potetti mai
comprendere che volesse dire."
"Se è questo tutto quel che sapete, voi
potete ritirarvi," continuò il Ee.
Qui un altro porcellino d' India die un ap-
plauso, ma fu soppresso.
" Addio, porcellini d' India ! non vi vedrò
più ! " disse Alice. " Ora le cose andranno
meglio."
" Vorrei piuttosto finire il mio tè," disse il
Cappellaio, riguardando con ansietà la Regina,
la quale leggeva la lista de' cantanti.
" Potete andare," disse il Re, e il Cappellaio
fuggì dal Tribunale, senza nemmeno rimettersi
le scarpe.
LE TORTE
1(59
" e mozzategli il capo fuori/' sog-
giunse la Eegina indirizzandosi ad un ufficiale ;
ma il Cappellaio era sparito dalla vista, pria
che r ufficiale giungesse alla porta.
" Chiamate V altro testimonio I " gridò il Ee.
. Era la cuoca della Duchessa. Aveva la
pepaiola in mano, e Alice indovinò chi fosse,
anche prima che entrasse nel Tribunale, perchè
tutti coloro eh' erano vicini all' uscio comin-
ciarono a starnutire.
" Rendete la vostra testimonianza." disse il E e.
N
170 CHI HA RUBATO
" No," rispose la cuoca.
Il Re guardò con ansietà il Coniglio bianco
che mormorò a voce bassa, "Maestà, esaminate
da voi stesso questo testimone."
" Bene, se debbo farlo, mi converrà farlo,"
disse il Re con una ciera malinconica, e dopo
aver poste le braccia conserte al petto, e fatto
gli occliiacci alla cuoca, disse con voce pro-
fonda, " Di che sono composte le torte ? "
" Di pepe, per la maggior parte," rispose
la cuoca.
" Di melazzo," soggiunse una voce sonnolenta
dietro ad essa.
" Afferrate quel Ghiro ! " gridò la Regina.
" Tagliategli il capo ! Fuori quel Ghiro ! Soppri-
metelo 1 Pizzicatelo ! Strappategli i baffi ! "
Durante qualche istante il Tribunale fu
una vera confusione, mentre il Ghiro era preso ;
e quando si ristabiliva 1' ordine, la cuoca era
sparita.
" Non importa ' " disse il Re con un' aria
di sollievo. " Chiamate 1' altro testimone." E
LE TORTE ì 171
bisbigliò air orecchio della Eegiiia : " Cara mia
dovreste esaminar voi V altro testimone."
Alice stava osservando il Coniglio che ripas-
sava la lista, curiosa di vedere chi mai sarebbe
r altro testimone — " perchè siri ad ora non han-
no affatto prove," diceva fra se. Figuratevi la
sua sorpresa, quando il Coniglio bianco chiamò
con la sua voce stridula " Alice ! "
CAPITOLO XII.
TESTIMONIANZA D ALICE.
" Eccomi ! " rispose Alice, e dimenticando che
in quegli ultimi momenti era cresciuta smisura-
tamente, saltò su molto lesta^ rovesciando col
suo gonnellino il palchetto de' giurati, di tal
che questi capitombolarono con la testa in giù
sulla folla eh' era di sotto, e restarono con le
gambe all' aria. Ciò le rammentò il rovescione
che la settimana avanti aveva casualmente dato
a un globo di cristallo che conteneva de' pe-
sciolini dorati.
" Oh, vi pì^ego d' avermi per iscusata I " sciamò
con voce d' angoscia, e cominciò a raccattarli
TESTIMONIANZA d' ALICE.
173
con molta sollecitudine, perchè piena dell' idea
de' pesciolini dorati caduti dal globo, pensava
che dovea prontamente raccoglierli e rimetterli
nel palchetto de' giurati, se no sarebbero morti.
174 TESTIMONIANZA D ALICE.
"Il processo," disse il Ee con voce auto-
revole e grave, " non potrà andare innanzi, se
non quando tutt' i giurati saranno rimessi ne'
loro proprii posti, — dico tutti," soggiunse con
molta enfasi, riguardando fieramente Alice.
Alice guardò il palchetto de' giurati, e vide
che nella fretta, avea rimessa la Lucertola col
capo in giù, per cui la povera bestiolina agitava
la coda al di sopra ma in modo da eccitare la
compassione, perchè non poteva muoversi. Subito
la estrasse, e la rimise convenientemente ; " non
già perchè importi assai," disse fra sé, poiché
ne la sua coda ne la sua testa recheranno
vantaggio al processo."
Appena che i giurati si rimisero dal colpo che
li avea rovesciati, e che furono ritrovate le lavagne
e le matite, e consegnate loro, si misero a scaraboc-
chiare con molta premura la storia del loro ruzzolone,
salvo la Lucertola che non s' era riavuta e sedeva
con la bocca spalancata, e guardando la volta.
"Che cosa sapete di quest' alfare ? " domandò
il Re ad Alice.
TESTIMONIANZA D ALICE. ^'^>
"Niente," rispose Alice.
" Niente qffutto ? " replicò il Ke.
" Niente affatto," soggiunse Alice.
" Ciò è molto importante," disse il Re,
rivolgendosi a' giurati. Essi si accingevano a
scriverlo sulle lavagne, quando il Coniglio bianco
li interruppe : " iVo?2-importante, è questo il senso
delle parole di Vostra Maestà," disse con voce
rispettosa, ma saettandolo col guardo e facendogli
il visaccio mentre parlava.
" iVo?i-importante, già è quel che volea dire,"
soggiunse in fretta il Re ; e poi si mise a recitar
fra' denti " importante — non-importante — non-im-
portante — importante," come clie volesse provare
quale delle due parole suonasse meglio al-
l' orecchio.
Alcuni de' giurati scrissero "importante," altri
" non-importante." Alice potette osservarlo, poiché
era vicina a loro e potea sbirciare sulle lavagne ;
" ma non importa niente," pensò fra se.
Allora il Re, che era stato occupatissimo a
scrivere sul suo taccuino, gridò " Silenzio ! " e
176 TESTIMONIANZA D ALICE.
lesse dal suo libriccino "Eegola quarantaduesiraa.
Ogni 2^ersona, la cui altezza supera il miglio,
deve uscire dal Tribunale."
Ognuno riguardò Alice.
" Io non sono alta un mio-lio," disse Alice.
" Sì che lo siete," rispose il Re.
" Quasi due miglia d' altezza," soggiunse la
Reo-ina.
" Ebbene, poco mi cale, ma non andrò via,"
disse Alice, " oltre a ciò quella non è una regola
regolare ; 1' avete inventata ora."
" Che ! è la piìi vecchia regola nel libro,"
rispose il Re.
" Allora dovrebbe essere la regola prima,"
disse Alice.
Il Re impallidì, e chiuse il taccuino in fretta.
" Ponderate il vostro verdetto," disse, rivolgendosi
a' giurati, ma con voce sommessa e tremolante.
"Maestà vi sono altre testimonianze," disse il
Coniglio bianco, sbalzando in piedi. " Giusto
adesso abbiam trovato questo foglio."
" Che e e dentro ? " domandò la Reo-ina.
TESTIMONIANZA D ALICE. 177
"Non r ho aperto ancora," disse il Coniglio
l)ianeo, "ma sembra una lettera, scritta dal pri-
gioniere a — a qualcheduno."
" Dev' essere così," disse il Re, " salvo che
sia stata scritta a nessuno, ciò che non si fa
o^eneralmente."
" A chi è indirizzata ? " domandò uno de'
giurati.
" Non ha indirizzo di sorta," disse il Co-
niglio bianco : " di fatti non e' è scritto nulla
al di fuori" E spiegò il foglio mentre parlava,
e soggiunse, " Somma tutto non è punto una
lettera ; è un accozzaglia di versi."
" Son dessi scritti dalla mano del prigio-
niere '? " domandò un giurato.
" Nò, non lo sono," rispose il Coniglio
bianco, "ed è questa la piìi strana di tutte le
cose," (I giurati si riguardarono confusi).
" Forse egli ha imitata la scrittura di qual-
cheduno," disse il Re. (Qui i giurati si rasse-
renarono).
" Maestà," disse il Fante, " non li ho scritti,
178 TESTIMONIANZA D ALICE.
e niuno potrebbe provarmi 1' opposto. E poi non
e' è nessuna firma alla fine,"
" Il non averlo firmato," rispose il Ee, " prova
doppiamente il vostro delitto. Voi dovevate
avere Y intenzione d' ofiendere, se no, da galan-
tuomo avreste firmato il foglio."
Tutti applaudirono, e con ragione, perchè era
quello il primo detto spiritoso che il Re avesse
detto in quel giorno.
" Ciò prova il suo delitto," sclamò la Regina.
" Ciò non prova niente affatto ! " disse Alice.
" Ma se non sapete neppure ciò che contiene
il foo^lio ! "
" Leggetelo," disse il Re.
Il Coniglio bianco inforcò gli occhiali, e do-
mandò : " Maestà, dove debbo incominciare ? "
" Cominciate dal principio," disse il Re con
tuono solenne, " e continuate sino alla fine :
poi fermatevi."
Or questi erano i versi letti dal Coniglio
bianco : —
TESTIMONIANZA D ALICE. 179
" Ella vi fece itn grazioso invito,
Ed a lui mi voleste rammentar,
E quindi ella mi dette il hen servito,
Ma mi disse: Non sai mica nuotar.
di' io non la visitai, disse pur dianzi,
{E questo è il vero, e ognun di noi lo sa),
Ma se lei spingerà la cosa innanzi,
Oh dite, allor di voi che ne avi;erràì
Una a lei dMti, ed essi due le diéro,
E voi men deste tre col sopra più;
Tutte a voi ritornarono — oh mistero !
Eppure erano mie, or noi son piiù.
Se dessa od io per caso inopinato
Involti in quesf affare ci vedrem.
Confido in voi che ognun fia liberato ;
Come prì'ima fra noi li rivedrem.
180 TESTIMONIANZA D ALICE,
Spiegarmi alfine mi sarà concesso ;
{Già, sapete, un attacco ella sentì),
Ma voi foste per lui, per noi, jìer esso
L' ostacolo fatai che la coljn.
Non (jli dite giammai che preferisca
Costoro, — ciò dehU essere un mister.
Un secreto che altrui non apparisca,
Un secreto nascosto nel pensier."
" È questo il più importante documento contro
r accusato," disse il Re, stropicciandosi le mani ;
" or dunque i giurati "
" Se uno di loro potesse spiegarmelo," disse
Alice (la quale era talmente cresciuta in quegli
ultimi istanti clie non avea più paura d' in-
terrompere il Re), " gli darei cinquanta centesimi.
Io non credo che vi sia in esso neppure un
briciolo di senso comune."
I giurati scrissero tutti sulle lavagne, " Ella
TESTIMONIANZA D ALICE. 181
non crede clie vi sia in esso neppure un
briciolo di senso comune," ma ninno cercò di
spiegare il senso di quel foglio,
" Se non e' è senso comune," disse il Re, " ciò
ci toglie da un mondo d' imbarazzi, e noi certo
non ci affanneremo per trovarvene uno. Eppure
non saprei," continuò spiegando il foglio sul
ginocchio, e sbirciando la poesia ; "ma mi
pare di vedere un senso occulto in essi — ' diase —
Non sai mica nuotar ' — voi non potete nuotare,
non è vero ? " continuò, rivolgendosi al Fante.
Il Fante scosse mestamente il capo, e disse,
" Ne ho io r apparenza ? " (E certamente, no,
perchè era fatto tutto di cartone).
"Bene per ora," disse il Re, e continuò fra se
stesso a borbottare su' versi : "' E questo è il vero,
e ognun di noi lo sa ' — ciò si riferisce a' giurati,
non e' è dubbio — ' Una a lei détti, ed essi due gli
diéro ' — ciò spiega V uso eh' egli fece delle torte,
intendete "
" Ma, " disse Alice, " continua con le parole
' Tutte a voi ritornarono.' "
182
TESTIMONIANZA D ALICE.
" Già, esse sono là,"
disse il Re con un' a-
ria di trionfo, indi-
cando le torte eli' erano
sulla tavola. " Niente
di più chiaro di ciò.
Continua — ' Già, sapete,
un attacco ella sentì'
— ^voi non aveste mai
degli attacchi nervosi,
cara mia, non è vero?"
soggiunse, rivolgendosi
alla Regina.
"Non mai!" tuonò furiosamente la Regina,
e in queir istante scagliò un calamajo al capo
della Lucertola. (Il povero Tonietto avea abban-
■ TESTIMONIANZA D ALICE. 183
donato l' uso di scrivere col dito sulla lavagna,
perchè s'era accorto che non vi lasciava traccia
alcuna ; ma ora si rimise sollecitamente al-
l' opera, usando l' inchiostro che gli gocciolava
sulla faccia, e l' usò sinché n' ebbe).
" Dunque queste parole non si attaccano,
a voi," disse il Ee, guardando con la bocca
sorridente tutt' intorno al Tribunale. E vi fu
gran silenzio.
"E un bisticcio I " soggiunse il Re, con voce
irata, e tutti allora risero. " Che i giurati
ponderino il loro verdetto," ripetè il Re, forse
per la ventesima volta in quel giorno.
" No, no ! " disse la Regina. " Prima la
sentenza — poi il verdetto."
" Ma che sciocchezze ! " sclamò Alice ad alta
voce. " Che idea d' aver prima la sentenza ! "
" Tacete ! " gridò la Regina, tutta infiammata
in viso.
" No certo ! " disse Alice.
" Decapitatela ! " urlò la Regina con tutta la
V0C3 che aveva in gola. Ma ninno si mosse.
184
TESTIMONIANZA D ALICE.
" Chi vi stima ? chi vi teme ? " disse Alice,
(allora era cresciuta di tanto che giungeva alla
TESTIMONIANZA D ALICE. 185
sua statura naturale). " Voi non siete altro che
un mazzo di carte ! "
Appena disse queste parole tutto il mazzo
si sollevò in aria furiosamente, e poi si rovesciò
sopra la fanciulla : essa dette un piccolo strillo,
un po' commossa dalla paura, un po' dall' ira,
e cercò di respingerle da sé, ma si ritrovò sul
poggio, col capo appoggiato sulle ginocchia di
sua sorella la quale le toglieva con molta
delicatezza alcune foglie appassite eh' erano cadute
sulla sua faccia.
" Risvegliati, Alice cara ! " le disse la sorella ;
" che buona dormitona hai fatto, eh ! "
" Oh ! ho a\n]to un sogno tanto curioso ! "
disse Alice, e raccontò alla sorella, il meglio
che per lei si potesse tutte le strane Avventure
che avete lette sino ad ora ; e quando finì, sua
sorella la baciò, e le disse, "E stato davvero un
sogno curioso, cara mia : ma ora, va' subito a
prendere il tè ; è già tardi." E così Alice si
levò, andò via, pensando mentre correva, al
sogno straordinario che aveva avuto.
186
Ma sua sorella rimase colà, e col capo
appoggiato alla mano, tutta intenta a riguar-
dare il sol cadente, e riflettendo sulla piccola
Alice e sulle sue Avventure meravigliose, cadde
in una specie d' assopimento, e sognò talcosa simile
a questo : —
Prima di tutto sognò la piccola Alice : —
con le sue manine delicate e congiunte sulle
ginocchia di lei, e co' suoi grandi oc-
chi lucenti fissi in lei. Poteva sentire il vero
suono della sua voce, e vedere quello strano
agitarsi della sua testolina per rigettare indietro
187
i capelli elle voleaìio per forza velarle il viso : —
e mentre era tutta intenta ad ascoltare, o sem-
brava che fosse così, tutto il luogo che la circondava
si animò, popolandosi di quelle creature vedute nel
sogno dalla sua sorellina.
L' erba rigogliosa stormiva sotto di lei, mentre
il Coniglio bianco scappava via — il Sorcio spa-
ventato s' apriva, sguazzando, una via in mezzo
dello stagno vicino — poteva sentire il rumore
delle tazze, mentre la Lepre-marzolina e gli
amici suoi partecipavano a quel loro perenne
pasto — udiva la voce strillante della Eegina che
mandava i suoi invitati al patibolo — anche una
volta il bimbo porcellino starnutiva sulle ginoc-
chia della Duchessa, mentre i tondi e i piatti
volavano d' orni intorno — anche una volta 1 urlo
del Grifone, lo scricchiolìo della matita della
Lucertola, la soppressione de' porcellini d' India
riempivano V aria, sposati al singhiozzar lontano
della miserabile Falsa-Testuggine.
E sedette, con gii occhi a metà chiusi, e
quasi si credette davvero nel paese delle Mera-
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vigile ; benché sapesse che, aprendo gli occhi,
tutto sarebbe mutato in realtà desolante —
avrebbe sentito V erba stormire all' agitar del
vento — avrebbe veduto lo stagno increspato a
causa delle canne — il rumore delle tazze si
sarebbe mutato nel tintinnìo dei campanelli
delle pecore, e la voce stridente della Regina
nella voce del pastorello — e gli starnuti del
bimbo, r urlo del Grifone, e tutti gli altri
strepiti curiosi, si sarebbero mutati (e lei n' era
persuasa) nel rumore confuso d' una fattoria, e
il muggito lontano degli armenti avrebbe sur-
rogato i profondi singhiozzi della Falsa-Tes-
tu affine.
Finalmente, volle figurarsi la sua sorellina
già cresciuta e diventata donna, — conservare
ne' suoi anni maturi il cuore affettuoso e
semplice della sua fanciullezza — raccogliere in-
torno a sé altre fanciulle, e far loro brillare
gli occhi beandoli con istorielle erniose e strane,
e forse anche col sogno delle Avventure nel
Paese delle Meraviglie ; e con quanta simpatica
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tenerezza avrebbe ella stessa partecipato alle
loro innocenti angosce, e con quanta letizia
alle loro gioje, riandando i beati giorni della
fanciullezza, e le gioconde giornate dell' estate.
FINE.
LONDRA :
R. CLAY, FIGLI, E TAYLOR, STAMPATORI,
BHEAD STRKET HILL.